Non si torna indietro: i curdi non sono disposti a veder cancellare la nascita del Rojava, embrione di stato autonomo all’interno dei confini siriani. E se la Turchia non è per nulla d’accordo, lo scontro sarà sicuramente all’ultimo sangue. Le autorità del Rojava hanno lanciato una vera e propria chiamata alle armi, rivolta anche alla popolazione civile: “Annunciamo una mobilitazione generale ed esortiamo i figli del nostro popolo a difendere Afrin“, afferma l’appello.
Dopo lo scontro con Bagdad, che ha praticamente neutralizzato i risultati del referendum sull’indipendenza del Kurdistan nel nord Iraq, l’offensiva di Ankara nel nord della Siria è destinata ad eliminare anche l’entità para-statale costruita nei fatti con l’assenso americano. Sarebbe l’ennesima delusione per le speranze del popolo curdo, dopo che i peshmerga e le altre milizie hanno speso vite ed energie per combattere i miliziani dello Stato Islamico.
Una mobilitazione generale contro le truppe turche
E’ vero che nessuna cancelleria europea e occidentale aveva appoggiato in maniera esplicita l’idea di un Kurdistan indipendente, ma è altrettanto vero che una mezza promessa era sottintesa fra le righe degli accordi presi in varie circostanze.
In aggiunta, la diplomazia internazionale impegnata a convincere le forze curde nel proprio impegno contro l’Isis non poteva non sapere che i peshmerga e gli altri gruppi paramilitari, riforniti di nuove armi, avrebbero chiesto esplicitamente l’autonomia come ricompensa per il loro sacrificio e per i loro sforzi.
Ai curdi è apparsa alquanto insufficiente la prima reazione americana all’offensiva turca, una dichiarazione tiepida che raccomanda il rispetto per i civili e si affianca a quella altrettanto tiepida di Mosca, che invita alla moderazione. Oggi il segretario alla Difesa statunitense James Mattis ha alzato un po’ i toni, criticando l’offensiva di Ankara perché “distrae dal compito di finire lo Stato Islamico” e “impedisce il lavoro umanitario“.
Ma la Turchia sembra convinta che Washington non faccia sul serio, e non voglia rischiare un nuovo allontanamento, visto che il paese anatolico rimane un partner indispensabile nella Nato. In questo modo, suona quasi come una provocazione l’annuncio del governo turco, che ha reso noto: “Il lavoro umanitario per Afrin va avanti“.