E’ stata il soggetto di diversi film di successo, ha scatenato reazioni di gioia in gran parte del mondo occidentale, ha fatto esultare gli americani, che mai come allora si sono sentiti fieri dei propri servizi di intelligence: stiamo parlando della morte di Osama bin Laden. Quella che, stando alle parole del giornalista premio Pulitzer Seymour Hersh, è stata una delle più grandi bugie del secolo. Hersh ha infatti sostenuto, in un clamoroso articolo pubblicato sul periodico letterario britannico London Review Books, che le circostanze della morte del terrorista più ricercato della storia sono state in realtà molto diverse da quelle raccontate davanti alle telecamere.
Non sarebbe stato un agente dei servizi segreti statunitensi a rintracciarlo infatti, bensì uno 007 pakistano, che avrebbe venduto la posizione di Osama bin Laden agli americani, sotto il compenso di ben 25 milioni di dollari. Una cifra monstre, che gli Stati Uniti sarebbero però stati felicissimi di pagare, pur di arrivare a mettere le mani sul loro personalissimo “Frankenstein” il quale, una volta sfuggito al controllo del “Dottore”, aveva terrorizzato per anni l’Occidente. Arrogandosi ovviamente il pieno merito dell’operazione.
Stando alle rivelazioni-shock di Seymour Harsh, l’ex leader di Al Qaeda era tenuto prigioniero sin dal 2006 dai servizi segreti di Islamabad, i quali avrebbero collaborato con i Navy Seals nel corso del raid ad Abbottabad (Pakistan), laddove il terrorista era stato localizzato. E la storia della sepoltura in mare? Ulteriori menzogne per l’eminente firma del New Yorker, che riporta come, stando alle sue fonti, il cadavere di bin Laden sarebbe stato semplicemente fatto a pezzi e gettato giù dall’elicottero sulle montagne dell’Afghanistan.
Lo scopo dell’insabbiamento mediatico era uno soltanto per Hersh: la rielezione a Presidente degli Stati Uniti d’America. Barack Obama avrebbe infatti allestito il teatrino gridando al mondo la “totale americanità” dell’operazione, così da rafforzare l’immagine del Paese agli occhi del mondo e prendersi il merito, agli occhi dei suoi elettori, di quello che è passato alla storia come il raid del secolo.
All’operazione avrebbero invece partecipato anche Ashfaq Parvez Kayani, capo di Stato maggiore dell’esercito ed Ahmed Shuja Pasha, numero uno dell’Isi; soltanto grazie a loro gli elicotteri statunitensi hanno potuto varcare i confini indisturbati. Lo stesso bin Laden peraltro si trovava già in regime di detenzione, non certo autoinflitto come millantato dagli Stati Uniti. Falsa anche la storia secondo cui i Navy Seals spararono per difendersi: non fu opposta resistenza d’alcun genere, bensì i militari avevano preciso ordine di “entrare e cancellare” bin Laden dalla lista dei problemi. Detto, fatto.
“La storia della Casa Bianca potrebbe essere stata scritta da Lewis Carrol” denuncia Seymour Hersh, citando il famoso autore de “Alice nel Paese delle Meraviglie”. Lo stesso racconto secondo cui Osama bin Laden continuava a condurre le operazioni dal suo “nascondiglio segreto” è falso per il giornalista, in quanto il leader dei terroristi era sottoposto ad uno stretto regime di sorveglianza da parte dell’intelligence pakistana, e quando venne ucciso non era più nemmeno l’ombra del sedicente jihadista che terrorizzò l’America: “La Casa Bianca doveva dare l’impressione che bin Laden fosse ancora importante dal punto di vista operativo. Altrimenti perché ammazzarlo?”.