Scoperto un esopianeta gigante: non sarebbe però dovuto esistere

Sconvolgente scoperta astronomica: il pianeta GJ 3512 b è stato individuato ma secondo le teorie attuali non sarebbe dovuto esistere. Il mistero troverà spiegazione nella scienza?

Scoperto un esopianeta gigante: non sarebbe però dovuto esistere

Il mondo dell’astronomia ha rivelato una sorprendente scoperta al mondo: orbitante attorno ad una stella nana, situata a 30 anni luce dal nostro Sole, è stato individuato inaspettatamente un esopianeta esotico di Giove, gigante di gas, denominato GJ 3512 b: rispetto a Giove la sua massa è circa la metà mentre quella della stella nana rossa è circa il 12% quella del nostro Sole, il quale è 1050 volte più pesante di Giove. La sua orbita completa, attorno alla stella, dura sette mesi, dunque a lunga distanza attorno ad una stella molto piccola: tale fatto però, secondo le attuali teorie concernenti la formazione del pianeta, non dovrebbe essere possibile.

Dato che le stelle si costituiscono in seguito a nuvole di polvere e gas che collassano, un disco protoplanetario dello stesso materiale rimanente, circonderebbe la stella: con la complicità della gravità che concorre alla formazione di un’atmosfera dal gas, la risultante formazione dei pianeti avrebbe dunque origine da questo disco, grazie al gas ed alla polvere che creerebbero la stella, agglomerando il materiale solido per i pianeti.

I giganti gassosi sono determinati da minime particelle che vanno a costituire un nucleo ghiacciato e roccioso che continua a crescere, fino a sostenere una massa 10-15 volte quella del nostro pianeta: accumulando idrogeno e gas elio, abbondatemente presenti nell’universo, si verrebbero dunque a formare, ma la stella con una massa piccola non dovrebbe, secondo la teoria, contenere una grande quantità di materiale residuo attuo alla costituzione di pianeti o perlomeno sufficiente alla formazione di un gigante gassoso.

Le prove però, contrariamente alle ipotesi, relative all’esistenza di un secondo pianeta in una lunga orbita attorno alla stella, ci sarebbero: quella ellittica del primo ne suggerirebbe un terzo potenziale, che sarebbe stato espulso dal sistema, con massa simile e con un’influenza gravitazionale.

Gli scienziati si sono allora mossi in direzione di una spiegazione plausibile: lo studio, pubblicato sulla rivista Science, ne ha illustrato i differenti approcci che hanno condotto alla conclusione finale di un collasso del disco gravitazionale: il pianeta si sarebbe quindi creato in questo modo, essendo tale disco instabile di gas e polvere attorno alla giovane stella nana, in assenza di un nucleo solido. Con temperature fredde avrebbe subìto un collasso del suo stesso materiale, andando a costituire un pianeta, migrando a distanza dalla stella a causa delle interazioni gravitazionali con gli altri pianeti.

Hubert Klahr, autore dello studio al Max Planck Institute for Astronomy, ha spiegato che la scoperta di GJ 3512 b rappresenta un candidato straordinario per un pianeta che potrebbe essere emerso dall’instabilità di un disco attorno ad una stella avente massa ridotta, spingendoli a rivedere i loro modelli, visto che finora erano solo una manciata i giovani pianeti caldi ed enormi che si erano costituiti in compatibilità con le instabilità del disco.

La metodologia che ha permesso di confermare, nella scoperta, l’individuazione di un pianeta è stata possibile grazie all’utilizzo del metodo della velocità radiale, con lo spettrografo CARMENES: basandosi sulla gravità e sull’effetto Doppler, la luce varia la frequenza come sorgente e l’oggetto osservato si muove. Se le stelle sono orbitate dai pianeti non permangono ferme totalmente dato che si muovono in piccole sfere in risposta all’attrazione della gravità dei pianeti, variandone la lunghezza d’onda della luce stellare tra il rosso ed il blu.

La stella nana rossa individuata ha espresso un comportamento attivo, oltre alla generazione di segnali simi a quelli dei pianeti e gli spettri infrarossi si sono rivelati importanti per la conferma della scoperta del pianeta, come sottolineato da Diana Kossakowski.

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