Quanti figli faremo nell’arco delle nostre vite? Di primo acchito si potrebbe essere portati a rispondere a questa domanda con un grande punto interrogativo, sottolineando come la risposta sia determinata da un numero di fattori straordinariamente variegato e pressoché impossibile da stimare con certezza. Eppure un gruppo congiunto di ricercatori, coordinato dall’Università di Oxford, ha recentemente aggiunto un nuovo tassello all’enigma.
La ricerca in questione è stata svolta anche da studiosi italiani – benché vi abbiano partecipato persino menti dai Paesi Bassi e dalla Svezia – ed ha messo in correlazione il DNA con l’istinto riproduttivo, spiegando che quest’ultimo sia fortemente influenzato dal nostro codice genetico. In altre parole, è stato suggerito che il numero di figli che faremo sia suggerito dal nostro stesso DNA.
La ricerca, pubblicata su Nature Genetics, ha analizzato ben 62 set di dati relativi a 238.064 uomini e donne, tenendo in considerazione l’età del primo figlio nonché altre 330.000 persone – messe quest’ultime in ordine per numero di figli fatti.
Nello specifico il primo campione è servito a stabilire collegamenti tra l’età esatta del concepimento del primo figlio e le informazioni presenti nel DNA, mentre il secondo per valutare eventuali correlazioni tra la genetica ed il numero di figli avuti.
I risultati sono stati straordinari, poiché i ricercatori hanno scoperto che alcuni tratti specifici presenti in 12 aree diverse del nostro DNA sono fortemente legate al comportamento riproduttivo, ed analizzandole è stato possibile rilevare che i frammenti di codice genetico collegati alla maturazione sessuale siano associati anche alla riproduzione ed allo sviluppo dei caratteri sessuali. Per spiegarla con una metafora, potremmo dire che sono state finalmente individuate le lancette del cosiddetto “orologio biologico“.
“Per la prima volta sappiamo dove trovare le zone del DNA legate al comportamento riproduttivo” ha dichiarato la dottoressa Melinda Mills, docente del Dipartimento di sociologia dell’Università di Oxford nonché coordinatrice dello studio “Un giorno potrebbe essere possibile utilizzare queste informazioni per consentire ai medici di rispondere ad una domanda importantissima, ovverosia quando si dovrebbe fare il primo figlio“. Tarando dunque la risposta “ad personam” sulla base di un esame del DNA.