Portland è una città degli Stati Uniti d’America, si trova nello Stato dell’Oregon esposto all’Oceano pacifico e in questi giorni al gelo polare.
Qualche giorno fa è stato trovato, senza vita, un neonato stretto tra le braccia della mamma. La donna, senza fissa dimora, aveva fatto di una fermata dell’autobus, la sua casa. Il bambino, nato – si pensa – da poche ore, non è sopravvissuto all’ondata di gelo e neve che nelle ultime settimane ha colpito anche la città di Portland. Secondo il tabloid britannico Metro Uk, il neonato è morto congelato.
A segnalarlo alla polizia è stato un pendolare che ha notato la donna alla fermata dell’autobus, sola e al freddo. Il bambino era stato nascosto dalla donna sotto il suo cappotto, forse le sembrava di proteggerlo a sufficienza, ma quando all’arrivo della polizia le è stato chiesto il bambino, subito tutti si sono accorti della gravità delle condizioni del piccolo. La veloce corsa all’ospedale e i tanti tentativi per salvarlo non sono valsi a rianimare il piccolo.
Per la madre ora c’è l’accusa di essere responsabile dell’accaduto, anche se forse ha un’attenuante, perchè da alcune risposte che ha dato si pensa sia malata di mente. Ai pendolari che le passavano accanto, così come alla polizia, avrebbe detto di aver portato in grembo il miracolo del concepimento.
Negli ultimi anni i senza fissa dimora negli Stati Uniti sono cresciuti a dismisura. Il Corriere, ad ottobre 2015, segnalava che proprio a Portland, nel giro di due anni, erano aumentati del 14%.
Il gelo, con la morte di un neonato, sta evidenziando questa emergenza che nasce dalla disuguaglianza sociale e che racconta un gelo più profondo che non può essere disciolto soltanto regalando un tetto e un piatto di minestra calda provvisori.