Dall’India, giunge voce di un ennesimo scandalo che ha travolto la famigerata multinazionale del settore alimentare Nestlè: stavolta gli alimenti incriminati sarebbero i noodles istantanei “Maggi” dell’azienda svizzera, nella composizione dei quali è stata evidenziata una forte presenza di piombo. A riferire dell’accaduto è stato un portavoce della stessa Nestlè, il quale ha tuttavia negato ogni accusa, ribadendo la completa salubrità dei noodles in questione.
Il portavoce della multinazionale ha infatti affermato in un comunicato stampa: “Sfortunatamente gli ultimi sviluppi e preoccupazioni prive di fondamento sul nostro prodotto hanno creato un clima di confusione per il cliente, a tal punto che abbiamo deciso di ritirare il prodotto anche se è sicuro”. La versione ufficiale della Nestlè è dunque quella di un allarmismo ingiustificato, ma i dati raccolti nel corso delle ricerche effettuate sugli spaghetti in questione hanno dimostrato il contrario.
Gli esami chimici hanno infatti evidenziato una “ingente quantità di piombo” nei noodles, riscontrato in quantità tale da poter mettere seriamente in pericolo la salute dei consumatori. Per questa ragione la pressione mediatica in India è stata tale da costringere il colosso alimentare a ritirare il prodotto dagli scaffali, seppure dalla Svizzera continuino a proclamare la totale sicurezza degli spaghetti, “demonizzati”-secondo la versione ufficiale della multinazionale-senza alcuna ragione.
La decisione è arrivata anche in seguito al boicottaggio dei prodotti della Nestlè in territorio indiano: già sei Stati dell’India avevano infatti già bandito i noodles “Maggi” ben prima che la multinazionale prendesse la decisione di ritirarli dal mercato. Non si tratta tuttavia di una grande perdita dal punto di vista economico, visto che le entrate dei noodles in India (venduti a 20 centesimi a confezione) contribuivano in maniera estremamente marginale al fatturato annuale della multinazionale con sede a Vevey.
Tuttavia, quest’ultima ha preso la decisione di chiudere in fretta la vicenda per evitare il proliferare di ulteriori analisi, e rischiare di subire l’ennesimo danno d’immagine della sua storia.