Era al suo settimo tentativo di conquistare la cima del Nanga Parbat, la nona montagna più alta della terra. Situata in Pakistan, la vetta è tra le più impegnative della catena himalayana. Non a caso è conosciuta dagli esperti come “the killer mountain”. Ma, a quanto pare, qualcosa è andato storto. Per Tomek Mackiewicz finisce così un desiderio che aveva coltivato a lungo, un sogno che ha presto assunto i connotati di un’ossessione.
Partito in compagnia della francese Elisabeth Revol, la loro spedizione era proseguita regolarmente fino a quando il polacco non aveva perso gli occhiali. Senza le lenti, Tomek era quasi diventato cieco per via dei potenti riflessi di luce. Ma altri guai lo attendevano sulla strada per la vetta: dopo il problema agli occhi, anche un principio di congelamento. La temperatura di 50 gradi sotto zero non perdona, così come l’attesa bufera di neve che ha fatto ulteriormente scendere la colonnina del termomentro oltre i -60°. La pressione dell’aria rarefatta gli ha reso difficile respirare, comportandogli nausee, giramenti di testa e allucinazioni. Per lui scendere con le proprie gambe è diventato presto impossibile.
Ma anche salire per recuperarlo si è dimostrato altrettanto impraticabile. La compagna di cordata francese ha provato a chiedere soccorso, ma per il 46enne di nazionalità polacca non c’è stato nulla da fare. È stata anche raccolta una somma di 50.000 dollari da destinare alle operazioni di soccorso. Non solo: quattro alpinisti polacchi impegnati nella scalata del K2 si sono volontariamente offerti di andare a prenderlo.
Ne è scaturita una delle più incredibili operazioni di soccorso della storia dell’alpinismo. Ma le condizioni climatiche hanno permesso di recuperare la sola alpinista francese. Spingersi più in là per recuperare anche l’alpinista polacco avrebbe significato aggiungere una tragedia alla tragedia. La bufera di neve, il gelo e le condizioni di visibilità erano talmente proibitive da non permettere di proseguire. Anche gli elicotteri dell’esercito pakistano non avrebbero potuto avvicinarsi.
Si conclude così la spedizione dei due alpinisti che avevano tentato di affrontare una delle montagne più difficili da scalare. Per il polacco rimane accesa la speranza, anche se non c’è molto da aspettarsi. In quelle condizioni non può certo essere sopravvissuto.