Tra Corea del Nord, Stati Uniti e Nazioni Unite, le ultime 24 ore sono state ore di tensione. Donald Trump, il presidente americano, ha inviato caccia bombardieri al confine del 38esimo parallelo, altra prova di quanto sia in grado l’America di fronteggiare il regime nordcoreano: dall’altra parte, il ministro degli Esteri di Kim Jong-un ha annunciato, in risposta, un lancio di missili “inevitabile”, orientato al territorio Usa.
La giornata di tensioni era iniziata con una scossa sismica, epicentro in Corea del Nord, giallo che subito aveva fatto pensare a un altro esperimento nucleare simile a quello del 3 settembre, con la bomba a idrogeno. Gli esperti hanno verificato che l’evento è stato naturale, spazzando via altre peggiori ipotesi.
Trump, in un comizio in Alabama, ha attaccato con parole sprezzanti il giovane Kim Jong-un: “Fermerò il piccolo pazzo“. Nonostante i consigli di alcuni membri del suo staff, il Presidente si è lasciato andare a toni forti, come già accaduto giovedì nell’intervento che aveva fatto ai lavori di apertura della 72esima Assemblea generale dell’Onu.
Dalle parole, Trump è passato ai fatti, e ha ordinato l’invio, al confine della Corea del Nord, di bombardieri B-1B Lancer e caccia F-15C, otto velivoli da guerra. Il dipartimento alla Difesa Usa ha spiegato che “Le manovre sono state pensate per dimostrare che il presidente Usa ha molte opzioni militari per sconfiggere ogni minaccia“. Il Pentagono ha voluto sottolineare “la serietà con cui gli Usa prendono i comportamenti sconsiderati della Corea del Nord“. Non è la prima volta che l’America dimostra la sua forza in queste ultime settimane. Al confine con la Corea del Nord, intanto gli Stati Uniti e la Corea del Sud stanno facendo esercitazioni congiunte.
Secondo alcuni osservatori, quella di Trump è una risposta a Ri Yong-ho, ministro degli Esteri nordcoreano, che qualche ora prima aveva confermato l’opzione al vaglio di Pyongyang di provare un altro test di bomba all’idrogeno nel Pacifico, come una delle “azioni di più alto livello” in opposizione agli Usa.
Anche Ri, durante il suo intervento previsto dal programma nell’Assemblea generale, ha voluto entrare nella questione ripagando Trump con la stessa moneta e, dopo aver affermato che le parole ‘incoscienti’ del presidente americano “hanno indignato” il suo popolo, ha detto: “Quello che viene chiamato presidente degli Stati Uniti è una persona mentalmente disturbata“. Quindi ha delineato il profilo di Trump: non è un “Commander in chief” ma un “Commander in grief“, ossia un comandante nel dolore, che ora sta cercando di trasformare l’Onu in una banda di fuorilegge.
Il ministro di Kim, Ri, continua il suo discorso affermando che il presidente americano non realizzerà ciò che afferma, e comunque Pyongyang è pronta ad andare oltre le sue parole. È bene che l’America ci pensi su due volte prima di partire con offensive militari. Rassicurando il ‘resto‘ dell’Assemblea, Ri ha aggiunto che Pyongyang “non ha intenzione di usare armi contro i Paesi che non si uniscono agli Usa“.
Il dito è puntato su Corea del Sud e Giappone, ma qualche accusa è stata riservata anche all’Onu considerata “un fallimento legato a vecchie pratiche non democratiche nel Consiglio di sicurezza“. Le ultime parole somigliano a una promessa solenne: “Anche Trump è in missione suicida. Se dovesse succedere qualcosa al nostro popolo le conseguenze saranno oltre ogni aspettativa“.