Onde d’urto senza collisioni: la nuova scoperta astronomica

Una nuova scoperta ha portato alla conoscenza di onde d'urto senza collisioni. Si tratta di fenomeni che si verificano in condizioni particolarmente estreme.

Onde d’urto senza collisioni: la nuova scoperta astronomica

Sulla famosa rivista Nature è stato pubblicato oggi uno studio tenuto da astronomi italiani e guidato da Marco Miceli, ricercatore presso il Dipartimento di Fisica e Chimica dell’Università degli Studi di Palermo e associato INAF presso l’Osservatorio Astronomico di Palermo. 

La ricerca spiega il funzionamento del riscaldamento estremo, arrivando a centinaia di milioni di gradi kelvin, che subiscono gli ioni di atomi pesanti che hanno a che fare con la Supernova 1987A. Tali temperature vengono raggiunte proprio grazie alle onde d’urto senza collisione che sono prodotte dall’esplosione della supernova quando attraversano il mezzo interstellare, ovvero il materiale rarefatto costituito da gas e polvere che si trova tra le stelle all’interno di una galassia.

Onde d’urto: come funziona

Queste particolari onde d’ urto si propagano a velocità supersonica, ovvero superano la velocità del suono (numero di mach maggiore di 1), e consistono in fenomeni presenti in molti eventi naturali. Questo tipo di onde d’urto sono molto differenti dalle classiche onde d’urto che provoca ad esempio un jet quando viaggia a velocità maggiori di quella del suono, perché i primi si mostrano in condizioni e ambienti estremi

Per poter studiare questo fenomeno, la supernova esplosa nel 1987 è stata utilizzata come laboratorio cosmico, sfruttando la presenza di onde d’ urto ad alta velocità e l’intensa emissione elettromagnetica delle regioni interessate dal passaggio di shock. Miceli riporta: “In particolare abbiamo misurato gli effetti dell’ accelerazione di ioni pesanti nel fronte di shock dimostrando che, a differenza di quanto accade sulla Terra, gli ioni più pesanti vengono riscaldati molto più di quelli leggeri e che la temperatura post-shock cresce linearmente con la massa ionica”.

Per vedere i risultati ottenuti, si è fatto affidamenti ai raggi X ad alta risoluzione e questa particolare scoperta consente di aiutare lo studio della microfisica a livello di plasmi negli shock astrofisici

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