Anders Behring Breivik ha vinto la sua battagli contro lo Stato della Norvegia, al culmine di una delle vicende legali più controverse degli ultimi decenni. Breivik, 37 anni, è noto per essere stato l’autore delle sanguinose stragi organizzate ad Oslo e sull’isola di Utoya, eventi marchiati a fuoco nella memoria collettiva norvegese.
Era il 2011 quando l’uomo, militante di estrema Destra, uccideva 8 persone con un attentato dinamitardo nella capitale norvegese, salvo poi imbarcarsi per l’isola di Utoya il 22 luglio dello stesso anno, ed aprire deliberatamente il fuoco contro gli studenti indifesi che si trovavano all’interno del campus insulare.
La reazione delle autorità fu colpevolmente tardiva, ed Andre Behring Breivik fu così lasciato libero di dare letteralmente la caccia ai ragazzi per ore, arrivando ad uccidere 69 persone – tra le quali molti giovani. Per i suoi crimini efferati, l’uomo fu condannato a 21 anni di carcere (il massimo possibile secondo il codice penale norvegese, che non prevede l’ergastolo) nell’agosto del 2012.
Ma ora Breivik è tornato a far parlare di sé con prepotenza, avendo di fatto vinto parzialmente il processo intentato contro lo Stato dai suoi legali a causa del trattamento che gli è stato riservato in prigione. Helen Andenaes Sekulic, giudice deputato a presiedere il caso, si è infatti pronunciata così: “La Corte ha concluso che le condizioni di detenizone costituiscono un trattamento inumano“.
Le accuse mosse dallo stragista alle autorità norvegesi sarebbero, nello specifico, la violazione degli articoli 3 e 8 della Convenzione europea sui diritti umani.
La vittoria di Anders Behring Breivik non è stata però totale, poiché sebbene la Sekulic gli abbia dato ragione riguardo all’articolo 3 (quello sul trattamento inumano, in quanto l’uomo è stato mantenuto in regime di isolamento con visite dall’esterno ridotte al minimo per 5 anni), il giudice ha invece rigettato le accuse mosse in merito all’articolo 8, ovvero al diritto dell’imputato a mantenere la libera corrispondenza con l’esterno.
La posta di Breivik viene infatti rigidamente controllata sia in entrata che in uscita, ed il 37enne autore delle stragi di Oslo e Utoya aveva richiesto che tale limitazione venisse rimossa. Richiesta però rigettata dal giudice, in quanto la pericolosità del criminale, che intrattiene rapporti intensi con i suoi “fan” fuori dal carcere, è tale da giustificare il controllo delle missive in entrata ed in uscita.
Il timore del tribunale è infatti che, qualora il terrorista venisse lasciato libero di scrivere ciò che vuole senza restrizioni, potrebbe spingere i suoi “ammiratori” e seguaci a compiere attentati analoghi.