Non trova lavoro dopo la laurea. 37enne fa causa all’università

Una donna americana ha deciso di fare causa all'università per pubblicità ingannevole dopo che, essendosi laureata quasi con il massimo dei voti spendendo una fortuna, non ha mai trovato lavoro.

Non trova lavoro dopo la laurea. 37enne fa causa all’università

Una donna americana di 37 anni ha deciso di fare causa all’università per non avere mai trovato un impiego fisso. La vicenda potrebbe apparire decisamente discutibile, eppure analizzando la situazione più nel dettaglio emergono dati tutt’altro che trascurabili, i quali sembrano giustificare quantomeno parzialmente (se non addirittura del tutto) la curiosa iniziativa della sventurata disoccupata.

Anna Alaburda, questo il nome della protagonista della vicenda, si è laureata nel 2008 presso la Thomas Jefferson School of Law di San Diego, una delle più prestigiose università di Legge della California. E per riuscire a portare a termine il percorso di studi, che l’ha vista premiata come una tra gli studenti più meritevoli del suo corso, ha dovuto spendere oltre 170.000 dollari; questo era infatti l’esorbitante costo delle rette scolastiche.

Soldi rimediati mediante l’ottenimento di prestiti bancari, con la garanzia che una volta laureatasi e procuratasi un impiego, avrebbe potuto facilmente risanare i debiti. Questa prospettiva però non si è mai concretizzata, ed Anna è rimasta per lungo tempo disoccupata, rimediando unicamente lavori a tempo determinato che le bastavano appena per sopravvivere.

Nessun ufficio legale californiano le ha infatti mai concesso una chance di mettersi in mostra, e nei pochi posti di lavoro rimediati negli ultimi otto anni, è stata sempre relegata al ruolo di revisore di documenti. Una mansione che non poteva certo soddisfare né le sue ambizioni professionali, né tantomeno il suo portafoglio, soprattutto alla luce dei debiti contratti con gli istituti bancari per riuscire a terminare il percorso di studi.

Così Anna ha deciso di fare causa alla Thomas Jefferson School of Law, con un’accusa tutt’altro che trascurabile: ciò che la donna sostiene è infatti che l’istituto abbia consapevolmente manipolato le statistiche di impiego dei laureati, presentando dati fittizi e tendenziosi che mostravano una percentuale di assunzioni gonfiata, e per nulla attinente ai numeri reali.

Lo scopo di questa pratica era ovviamente quello di attirare iscritti e guadagnare più soldi. La crociata di Anna contro questo malcostume tipico di molti atenei statunitensi è stata benedetta anche da Paul Campos, docente universitario presso la University of Colorado, il quale ha stimato che il 45% dei laureati in legge negli Stati Uniti non riesca a trovare un impiego nel settore di competenza.

La Thomas Jefferson School of Law invece, così come altri istituti americani, sostengono al contrario che oltre l’80% dei loro laureati abbia trovato lavoro rapidamente e senza alcun genere di problema. Anna con la sua denuncia ha creato un precedente importante, poiché sebbene la sua non sia la prima azione legale mossa contro le università colpevoli di falsificare questi dati, è la prima volta che un giudice decide di accogliere la denuncia.

Tutte le altre presentate da studenti nelle stesse condizioni di Anna, erano state infatti puntualmente respinte dai giudici incaricati di valutarne l’idoneità a procedere, senza che i casi in questione venissero mai discussi in tribunale.

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