La Costituzione italiana insegna che uomini e donne hanno dei diritti che sono letteralmente inviolabili ma, purtroppo, la stessa cosa non vale per altri Paesi. Si parla di mutilazioni genitali che ogni anno presentano un costo prossimo agli 1.4 miliardi di dollari a seguito delle cure mediche necessarie per rimediare ai danni provocati. Ma, a prescindere dalle fredde analisi economiche, è una vera e propria violazione dei diritti.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato un totale di 3 milioni di bambine che vengono mutilate ogni anno, l’equivalente di circa 8 mila al giorno. Le operazioni di mutilazione sono le più disparate: si va dall’asportazione del clitoride, al raschiamento, alla perforazione, fino ad arrivare all’incisione.
Mutilazioni genitali: perché si fanno?
Questi tipi di “operazioni” comportano un sacco di problemi, come ad esempio le infezioni e il sanguinamento, che possono portare a malfunzioni croniche. Il motivo per cui vengono fatte le mutilazioni è da attribuire al piacere durante i rapporti sessuali: con le mutilazioni genitali, infatti, si tende ad eliminare questo piacere. Volendo oltrepassare i dolori fisici, i traumi psicologici sono immensi in confronto al dolore.
La cosa che fa riflettere, dal punto di vista economico, è che – se entro il 2050 si estinguesse questa usanza dei Paesi sottosviluppati – il risparmio delle spese sanitarie sarebbe prossimo al 60%. Con l’aumento della popolazione, invece, quello che si rischia è che le spese aumentino del 50% rispetto a quelle attuali.
A questo punto, solo i governi dei vari Stati possono fare qualcosa e porre fine all’incubo. Le complicazioni che possono nascere durante un parto a causa delle mutilazioni sono notevoli. Insomma, certe pratiche portano solo ed esclusivamente problemi, senza neanche avere un vantaggio. I continenti in cui si tengono mutilazioni genitali sono principalmente l’Africa e l’Asia, ed – in alcuni casi – anche nel Medio Oriente.