Doveva essere un gioco, ma è finito in tragedia: in Messico, cinque adolescenti hanno ucciso un bambino di soli 6 anni, al culmine di un “finto rapimento” finito in tragedia. Gli aguzzini sono tutti minorenni: le fonti locali parlano di due ragazzine di 13 anni, e tre ragazzini, uno di 12 e gli altri due di 15 anni. L’orribile delitto si è consumato nelle zone periferiche di Chihuahua.
La ricostruzione degli eventi è da film horror, al punto che risulta davvero difficile pensare di poter giustificare l’accaduto bollandolo semplicemente come un “gioco finito male”: i cinque torturatori minorenni hanno infatti seviziato il piccolo, legandogli mani e piedi ed accoltellandolo, con ferite sempre più, profonde; a detta loro, per “simulare” le sevizie di un rapimento vero e proprio. Una volta stancatisi di giocare, l’hanno poi seppellito nei pressi di un ruscello. Ed è proprio lì che la polizia locale ha rinvenuto il cadavere del piccolo Christopher Marquez, dopo una lunga fase di ricerche che hanno fatto seguito alla denuncia per scomparsa.
Il bambino è stato trovato sotterrato con la faccia rivolta verso il basso, ed il suo cadavere era stato coperto in maniera grossolana con i resti di un animale morto. I cinque ragazzini colpevoli dell’omicidio sono ora sotto torchio da parte della polizia, che sta cercando di determinare se i giovani assassini avessero veramente avuto intenzione di uccidere Christopher, o se si sia trattato semplicemente di un gioco “andato troppo in là”.
I mass media in Messico hanno dato grandissima visibilità alla vicenda, che sta venendo trattata in queste ore come l’esempio più terribile e lampante della “decomposizione sociale, della perdita di valori” dei minorenni, secondo quanto affermato dal procuratore distrettuale Sergio Ortiz, responsabile delle indagini. Ma è davvero necessario avere dei valori così alti, per riuscire a comprendere quanto sia grave ammazzare una persona?