L’Iran apre le porte alla pornostar americana Whitney Wright: polemica delle femministe

Le foto della pornostar americana Whitney Wright scatenano forti polemiche per il doppio standard del governo sulla moralità delle donne e la violenta repressione del regime contro chi non indossa l'hijab islamico. Protestano le attiviste per i diritti delle donne.

L’Iran apre le porte alla pornostar americana Whitney Wright: polemica delle femministe

La visita in Iran della pornostar statunitense Whitney Wright, nota per le sue posizioni filopalestinesi, ha suscitato molto scalpore. La Wright ha pubblicato sui suoi social foto con l’hijab mentre visitava l’ex ambasciata Usa a Teheran, luogo simbolo della crisi degli ostaggi del 1979.

Alcuni commentatori occidentali hanno ipotizzato che la visita potesse essere una mossa strategica per ottenere sostegno finanziario alla sua campagna contro Israele, ricordando alcune posizioni “antisemite” esternate dall’attrice.

Nonostante non sia stato rilasciato alcun commento ufficiale da parte delle autorità islamiche iraniane, alcuni rappresentanti dell’opposizione hanno criticato il governo per aver consentito l’ingresso nel paese di un’attrice hard, in un contesto in cui continua la repressione dei diritti delle donne che violano la legge sull’hijab obbligatorio e la diffusione e realizzazione di materiale hard è severamente vietata.

L’attrice hard si è anche filmata sui social in tutta la capitale iraniana nonostante il suo lavoro nella pornografia la metta a rischio di accuse penali passibile  della condanna alla pena capitale. Pubblicando un post su Instagram, lunedì 5 febbraio, l’attrice ha affermato di “non essere più in Iran, ma altrove”.

L’attivista statunitense Masih Alinejad, che ha subito tentativi di persecuzione da parte dell’Iran, ha condannato la Wright per aver compiuto il viaggio e per le presunte affermazioni in cui l’attrice avrebbe affermato se si rispetta la legge, si è al sicuro in Iran.

La visita della Wright avviene in un momento delicato per l’Iran, dopo l’arresto dell’attivista per i diritti delle donne e premio Nobel per la pace Narges Mohammadi, l’approvazione della legge sull’obbligo del velo e le proteste per la fine di Mahsa Amini, avvenuta due anni fa mentre era in custodia presso una caserma della polizia. Arresti, condanne e torture di donne, che si rifiutano di indossare il velo islamico, continuano a seminare sdegno e disapprovazione in tutto il mondo civile. 

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