“Prendi la testa, tirala indietro e taglia a partire dal collo”: sono queste le scioccanti parole riferite da Raghab Ahmed al quotidiano britannico Mail Online, nel corso di un’intervista che in Inghilterra ha già fatto scalpore. Ma chi è Raghab, e perché ha spiegato al suo intervistatore come sgozzare qualcuno? Per capirlo, facciamo qualche passo indietro.
Fino allo scorso Agosto Raghab Ahmed era un semplice 14enne iracheno, che viveva in un villaggio a Nord del Paese insieme alla sua famiglia: sua madre, suo padre, sua sorella ed il fratello Gatay. Poi all’improvviso, sono arrivati gli uomini dell’Isis. I miliziani dello Stato Islamico, come di consueto, hanno massacrato gli abitanti e ridotto i superstiti in schiavitù, inviando i ragazzini nei campi di addestramento, allo scopo di spezzare la loro volontà e farli diventare dei perfetti terroristi.
Raghab è stato inviato presso l’Istituto per Cuccioli di Farouk, dopo essere stato abusato in ogni modo dai fondamentalisti islamici per circa due settimane all’interno della prigione di Badush, a Mosul; un trattamento atroce, sul quale ha pesato non poco il background culturale del ragazzo. Il 14enne è infatti di professione yazida, una religione che i fanatici dell’Isis (ma anche molti musulmani) considerano eretica. Ed è risaputo che i membri dello Stato Islamico non abbiano certo la mano leggera con coloro che considerano apostati o infedeli.
Ad ogni modo, a Farouk il giovane si è trovato in buona compagnia: secondo quanto riportato dalle colonne del Mirror, infatti, il campo del terrore ospiterebbe circa 65 ragazzini, almeno 50 dei quali sarebbero yazidi come lui. La ruotine del campo, raccontata dal ragazzino, era scandita con inflessibile severità dagli addestratori-aguzzini: sveglia alle 4 di mattina per pregare, quindi dalle 9:00 alle 12:00 letture di indottrinamento riguardanti la Jihad.
Alle letture seguiva l’addestramento militare, che continuava fino alle 5 di pomeriggio: “Ci hanno insegnato come usare le armi, a caricarle, a metterle in sicurezza…non mi piace sparare, ma mi obbligavano a farlo”, ha poi confessato Raghab al suo intervistatore. Il giovane è anche apparso in alcuni video propagandostici dell’Isis, insieme ai suoi compagni di campo ed a Abu Walid, uno dei comandanti dello Stato Islamico.
Nei filmati, le giovanissime reclute eseguivano esercizi militari imbracciando degli AK-47. A Kamila Hussin, madre del 14enne, non era andata meglio: era stata infatti destinata ad un comandante locale come schiava domestica. Fortunatamente per loro, alcuni parenti sono riusciti a trovare i soldi per pagare dei “people trafficker” (figure professionali di recente istituzione, che si occupano dello spostamento clandestino di persone da una locazione all’altra, alla stregua degli scafisti nostrani) affinché li liberassero dalla prigionia.
Ora Raghab Ahmed è tornato in libertà, ma difficilmente potrà dimenticare lo sterminio della gente del suo villaggio da parte dell’Isis (“Non ho assistito-ha spiegato al Mail-ma sentivo le grida e gli spari”), ed il-pur breve-periodo trascorso sotto i perversi e spietati terroristi-insegnanti a Farouk.