La mediazione delle Nazioni Unite in Libia sta tentando di trovare un accordo fra le fazioni eternamente in guerra per riportare la pace nel Paese. La delegazione del Congresso nazionale libico ha annunciato di «non voler partecipare oggi al tavolo negoziale in Marocco»: questo doveva essere l’ultimo incontro fruttuoso che avrebbe dovuto portare l’unità nazionale.
Una fonte diplomatica del Congresso ha fatto sapere che il motivo per cui non prenderà parte al dialogo in Marocco sta nella bozza di accordo in cui mancherebbero alcune garanzie che li tutelano. Dopo alcune ore arriva però la marcia indietro e una fonte di Tripoli spiega: «Siamo interessati a partecipare al prossimo round».
Ieri sera si è dimesso Saleh Makhzoum, capo della delegazione del Gnc, il Parlamento di Tripoli controllato dagli islamisti ma non riconosciuto dalla comunità internazionale: il diplomatico ha lasciato l’incarico prima dell’inizio dei colloqui sotto egida Onu. Makzhoum si è anche dimesso da vicepresidente del Gnc e forse lo ha fatto perché in polemica con i vertici di Tripoli che ormai intendono non negoziare.
Non si rassegna invece il mediatore dell’Onu, Bernardino Leon, che dice in un’intervista a France 24: «È difficile, ma continuo a essere fiducioso che entro il 10 settembre saremo in grado di avere un’intesa finale». Pare però che le probabilità siano ben poche ed è evidente che il governo filo-occidentale di Tobruk punta a diventare l’unico interlocutore, soprattutto in vista dell’attacco che dovrebbe portare alla liberazione di Bengasi e di Sirte dai gruppi islamisti, Ansar al Sharia e Isis, una vera minaccia. I gruppi militanti che si riconoscono nei due parlamenti hanno occupato la Libia fino a metterla in ginocchio ed è divenuta una terra dove le bande armate mettono leggi con violenza e non esiste un governo regolatore.
Leon terrà un nuovo round di colloqui in Marocco per convincere le fazioni a trovare un accordo che finora i due parlamenti hanno rifiutato.