Disperazione finanziaria o semplice scelta di vita? E’ questo l’interrogativo che affligge molte persone, quando si tratta di capire perché sempre più studenti decidano di vendere il proprio corpo per soldi. Il sito www.vice.com, nell’ambito di un progetto di ricerca condotto in Inghilterra, ha messo a nudo-metaforicamente parlando s’intende-alcuni di questi ragazzi e ragazze; i quali, previa garanzia del totale anonimato, si sono offerti di spiegare, in prima persona, i motivi della loro scelta.
Il primo intervistato è Harry, un giovane studente che si è detto particolarmente a suo agio nel ruolo di gigolò: “Gli uomini mi chiamano ad ogni ora, non solo per il sesso, ma anche per semplici appuntamenti o per avere un po’ di compagnia. Sono entrato nell’industria del sesso perché non riuscivo più a pagare i miei debiti, ero al verde, non avevo più vita sociale”.
Niente soldi per saldare i propri conti quindi, né tanto meno per uscire con gli amici. E’ questa la motivazione che ha spinto Harry a diventare un gigolò: “Mi sono iscritto su un sito web, pensando che nessuno mi avrebbe risposto. E invece è successo; mi ha fatto sentire bene. Il mio sogno nel cassetto? Trovare un uomo ricco che mi paghi migliaia di sterline per essere il suo fidanzato”. Il giovane ragazzo-squillo ha poi continuato spiegando che: “I miei amici sanno ciò che faccio, ma non ne parlo con nessuno a parte loro, rischierei di essere emarginato. Uno di loro ha anche provato a farmi uscire dal giro, mi ha detto che ero come una sporca zoccola che batteva per strada. Ma io non mi sento così”.
Abigail è invece una ragazza diplomatasi l’anno scorso, che ha lavora come prostituta, dominatrice, webcam model ed offre anche sesso telefonico. Abigail ha spiegato che, sebbene abbia iniziato a “fare la vita” per pagarsi gli studi, ha poi deciso di continuare per evitare di venire risucchiata nel vortice del tirocinio non pagato: “Per me lavorare nell’industria del sesso è stata una decisione totalmente pragmatica. Il motivo per cui lavoro è, e sarà sempre lo stesso: fare soldi. Lavorare in quel campo mi ha permesso di avere tempo per concentrarmi sullo studio. Potevo lavorare solo un paio d’ore a settimana, ed avevo il resto del tempo libero per studiare. Non ero esausta come quando lavoravo nei bar e nei locali, tornando a casa distrutta per ottenere il minimo salariale”.
“Quel lavoro è stato importante per me, da studentessa, poiché molti tirocini non vengono retribuiti. E non avevo una famiglia che potesse supportarmi, non potevo permettermi di lavorare gratis”. Ma nonostante non abbia vergogna del proprio mestiere, anche Abigail è molto riservata riguardo ad esso: “La disinformazione ed il moralismo probabilmente sono gli aspetti peggiori: non permettono la decriminalizzazione di chi lavora col sesso, non permette loro di svolgere il proprio mestiere in un ambiente sano e sicuro”.
Un’altra tra le tante voci del coro è Claire, studente di storia e scienze politiche ad un’università londinese, ha ammesso che essere riconosciuta come prostituta potrebbe essere un grosso impedimento per i suoi piani futuri: “Se si sapesse, potrebbe rovinare le mie prospettive di carriera”. Claire inizialmente viveva in un appartamento che lei stessa ha definito “sovraffollato e molto rumoroso” insieme ad altri studenti; ma grazie alla prostituzione riesce ora a sostenere le spese d’affitto per uno spazio tutto per sé: “Ho iniziato a lavorare con il sesso dopo il primo anno di studi, e dopo aver lavorato in diversi posti: coffee shop, bar, pub. Ma nessuno mi pagava abbastanza per mantenermi. Alcuni miei amici all’università lavorano anche 10 ore al giorno, per il minimo salariale; altri lavorano in nero, sottopagati e senza alcuna garanzia. Molti non ce la fanno a sostenere i costi, e devono abbandonare gli studi”.
La ricerca, chiamata Student Sex Work Project, è stata condotta in tre anni dall’Università di Swansea su un campione di 6.750 studenti, ed è emerso che il 5% di loro ha lavorato nell’industria del sesso. Praticamente 337 tra i ragazzi e le ragazze intervistati. “Gli studenti che lavorano nell’industria del sesso sono molto più numerosi di quanto la gente possa pensare-ha poi ammesso Claire-ed il loro numero continuerà a crescere insieme al costo della vita”.
La dottoressa Tracey Sagar, che ha partecipato alla ricerca, ha concluso che: “Molti degli studenti intervistati che lavorano con il sesso, hanno ammesso di farlo per difficoltà economiche. Qualcuno invece lo fa per sua volontà, o perché è amante del piacere sessuale”. “La nostra sfida più grande-ha infine commentato la dottoressa-è quella di colpire la stigmatizzazione della quale è vittima chi lavora in questo campo”.