E’ stata l’emittente televisiva americana CNN ha raccontare, tramite un intervista diretta, questo particolare retroscena degli anni della Seconda Guerra Mondiale. A parlare, una delle vittime Kim Bok-dong che, all’epoca dei fatti, era poco più che ragazzina, solo 14 anni.
La donna, che oggi ha 89 anni, racconta cosa successe in quegli anni quando, l’Esercito Giapponese si recò nel suo villaggio in Corea, chiedendo a donne e bambine di dare il loro contributo alla Causa Bellica. Con l’inganno che avrebbero lavorato in fabbriche di cucito, migliaia di ragazzine come lei, partirono con l’esercito, scoprendo, solo in seguito, quale realmente sarebbe stato il loro ruolo.
Tutte queste bambine, avevo il “compito” di dare “conforto” alle migliaia di uomini impegnati nel conflitto che, a loro volta erano segnati dalle vicende belliche.Proprio per questo motivo vennero definite Confort Women. Kim, fu proprio una di queste giovani donne, che vennero letteralmente “consumate” e trattate come carne da macello.
Sotto il dominio imperiale, nei diversi territori dell’Asia Orientale, tra il 1932 e il 1945, L’esercito Imperiale Giapponese, adescò tra le 80mila e le 200mila donne e bambine che operavano nelle così dette Confort Stations. Queste donne erano di origine, cinese, filippina e vietnamita, ma la stragrande maggioranza di esse proveniva dalla Corea.
Come anticipato prima, venivano ammaliate da proposte di lavoro molto allettanti che, promettevano loro ruoli in ristorati o posti di lavoro in fabbriche, ma alla fine si ritrovarono tutte ed essere schiave del sesso. La maggior parte di loro rimase schiava per anni e i soldati poterono abusare di loro come meglio credevano.Tantissime di loro a causa degli abusi divenne sterile, non potendo mai provare la gioia della maternità.
Kim fu liberata solo nel 1945, quando il suo paese non era più sotto l’occupazione giapponese. Per molti anni la storia di queste giovani donne venne tenuta nascosta, anche dalle vittime stesse che, provavano vergogna a raccontare quanto avevano subito.Solo all’inizio degli anni Novanta, alcune tra le vittime sopravvissute, denunciò gli abusi subiti. Infatti, su questo tema si conosce ben poco.Un forte contributo per far conoscere l’accaduto è stato dato dall’artista coreana Chang-Jin Lee che, ha realizzato una mostra multimediale per ricordare le innumerevoli donne vittime di tali abusi.