Iraq, combattenti curdi alle porte di Mosul: il bilancio del primo giorno

E' iniziata l'offensiva in Iraq delle forze curdo-irachene per liberare la città di Mosul dai terroristi dell'Isis, ma gli analisti militari predicano cautela: "Serviranno mesi per riuscire a prenderla".

Iraq, combattenti curdi alle porte di Mosul: il bilancio del primo giorno

In Iraq in questi giorni si sta decidendo buona parte di ciò che accadrà nei prossimi mesi nel delicatissimo scacchiere mediorientale, con l’assalto coordinato dalle milizie curde e dall’esercito regolare iracheno sferrato ieri per tentare di liberare la città di Mosul dai guerriglieri dello Stato Islamico.

Mosul cadde sotto il controllo dei terroristi nel giugno del 2014, e da allora è sempre stata identificata come una delle più grandi roccaforti dell’Isis, pertanto la sua presa sarebbe un risultato di straordinaria importanza per le forze della Coalizione. Tuttavia la situazione è straordinariamente delicata, poiché purtroppo eliminare i terroristi rappresenta solo l’ultimo dei problemi delle milizie locali.

Il primo nodo da sciogliere è rappresentato proprio dal background culturale degli assalitori, truppe miste di peshmerga curdi e di soldati regolari iracheni – sciiti – la cui convivenza forzata per un fine comune è poco più che tollerata da ambi i versanti. Non solo: a peggiorare la situazione ci sono le costanti ingerenze da parte della Turchia, con Erdogan che ha da tempo messo gli occhi su Siria ed Iraq per espandere i propri confini di influenza, ed ottenere quello che un certo Adolf Hitler chiamava “spazio vitale” alla fisiologica crescita della nazione.

Già da mesi infatti le truppe turche risultano schierate lungo i confini siriani ed iracheni, in attesa di un via libera all’invasione di terra che però, nonostante le pressioni di Ankara, finora non è mai arrivato. Ma nel frattempo i turchi continuano a spingere su quel pedale con una strategia attiva-passiva che non può certo lasciare sereni i governi di Iraq e Siria, viste anche le recenti affermazioni del premier Binali Yildirim (uomo fidato dello stesso Erdogan) riguardanti la partecipazione ai raid su Mosul.

Ieri infatti è stata organizzata una manifestazione da parte di migliaia di sciiti proprio dinanzi all’ambasciata turca di Baghdad, per protestare contro le conclamate mire espansionistiche della Turchia. Frasi come “andatevene invasori” sono state scandite dai civili iracheni, ma difficilmente Erdogan – fresco di pulizia interna di oppositori politici grazie al golpe-farsa della scorsa estate – si lascerà convincere a mollare la presa da qualche migliaio di manifestanti e dai loro slogan.

Anche la conquista stessa di Mosul non sarà affatto semplice: nonostante l’esercito schierato oggi in campo contro l’Isis possa contare circa 25.000 unità tra peshmerga curdi e regolari dell’Iraq, gli analisti militari hanno stimato che per riuscire a far capitolare la roccaforte dello Stato Islamico potrebbero volerci interi mesi.

Le ultime notizie dal fronte informano che per adesso il contingente è fermo a circa 30 chilometri dalla città, una frenata espressamente richiesta dai curdi per avere il tempo materiale di consolidare i punti di controllo conquistati durante il primo giorno di ostilità. La battaglia per Mosul potrebbe dunque protrarsi fino alla prossima primavera, ma la sensazione più inquietante è che la vera guerra – quella finora combattuta solamente a salve tra minacce, sanzioni e dimostrazioni provocatorie – non sia ancora iniziata.

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