E’ stata ufficialmente inaugurata a Teheran l’apertura del processo contro Jason Rezaian, reporter statunitense accusato di spionaggio dal governo iraniano. Rezaian, corrispondente del Washington Post e giornalista di fama internazionale, è stato tratto in arresto 10 mesi fa dalle forze di sicurezza dell’Iran, che nell’ambito della stessa inchiesta hanno fatto scattare le manette ai polsi anche per la moglie dell’imputato (Yeganeh Salehi) ed un fotografo. Il 39enne reporter del Post si trova ora rinchiuso all’interno del carcere di Evin, localizzato in un settore periferico della capitale del Paese, e destinato principalmente ai detenuti politici.
Le accuse che pendono sul capo di Jason Rezaian sono pesanti: “Spionaggio, collaborazione con Governi ostili, raccolta di informazioni classificate e diffusione di popaganda contro la Repubblica islamica”. Ce ne sarebbe per fargli passare in galera il resto della vita. Ma Leila Ahsan, avvocato del giornalista, si è affrettata a specificare che tecnicamente l’accusa non abbia di fatto nessuna prova contro il suo assistito: le imputazioni a suo carico si baserebbero dunque tutte sul sentito dire, o poco più.
Tuttavia non c’è affatto da scherzare in Iran con temi così delicati, poiché la discrezionalità della Corte rivoluzionaria di Teheran è a dir poco imprevedibile. Ed è proprio la quindicesima sezione di quest’ultima ad essere stata chiamata a giudicare il caso di Jason Rezaian: la Corte in questione è infatti quella deputata al giudizio dei casi riguardanti i prigionieri politici, e per estensione le questioni di sicurezza nazionale.
Il reporter a processo era stato tratto in arresto nel corso dei negoziati tra l’Iran e la “Coalizione 5+1” riguardo al programma nucleare del Paese, nel Luglio dello scorso anno. Ma se la moglie ed il fotografo sono stati poi scarcerati su cauzione, lo stesso non è accaduto per Rezaian, accusato di crimini ben più gravi. Accuse tuttavia prive di fondamento secondo il Governo statunitense e lo stesso Washington Post, che hanno più volte ribadito l’assurdità della situazione.
Gli Stati Uniti si sono inoltre ripetutamente appellati all’Iran per il rilascio del reporter, facendo leva sulla doppia cittadinanza iraniano-statunitense dell’uomo; ma l’Iran non riconosce la doppia nazionalità, e per questo si è riservato di trattare il processo a Jason Rezaian come un caso esclusivamente interno alla politica nazionale.