India: la lotta alla “cultura dello stupro” ha un nuovo volto

Saritha Vandaradath, 30 anni, è la prima autista di bus donna di Nuova Delhi, ed è diventata il nuovo volto della lotta contro la piaga dello stupro in India. Un fenomeno sociale che miete 92 vittime al giorno, solo tra coloro che decidono di denunciare le violenze subite

India: la lotta alla “cultura dello stupro” ha un nuovo volto

In India, la “cultura dello stupro” miete ogni anno innumerevoli vittime: stando ai dati ufficiali infatti, nel Paese vengono stuprate 92 donne al giorno, 4 delle quali solo nella capitale. Numeri che ovviamente si allargano a dismisura se si prendono in considerazione anche le violenze non denunciate; perché in India, essere stuprate è motivo di vergogna ed umiliazione, e molte donne rifiutano di denunciare l’accaduto per paura di ripercussioni nei loro confronti da parte della comunità. Per questo è fondamentale che si riesca ad alzare la voce, a gridare quanto il problema degli stupri sistematici sia oramai divenuto insostenibile.

Lei si chiama Saritha Vankadarath, ha 30 anni ed è la prima conducente donna di autobus di Nuova Delhi. Ma soprattutto, è il nuovo volto della lotta contro la mentalità misogina dell’India, per una volta apertamente caldeggiata dalle autorità. Perché Saritha ha ottenuto l’impiego proprio grazie ad una campagna dell’amministrazione cittadina orientata a combattere la violenza nei mezzi pubblici, oramai divenuta una triste abitudine in quello che è il Paese più popoloso dell’Asia meridionale (ed il secondo più popoloso al mondo dopo la Cina).

Gli occhi del mondo si sono aperti su questo triste fenomeno sociale nel 2012, dopo che Jyoti Singh, studentessa di 23 anni, era stata stuprata a morte da sei uomini all’interno di un autobus (tra i quali figurava anche lo stesso autista del mezzo). Inizialmente però le autorità indiane avevano deciso di guardare dall’altra parte, arrivando persino a vietare il film-documentario relativo all’orribile crimine in tutto il Paese. Ma dopo gli ultimi casi, tra i quali una bambina violentata dal conducente dell’autobus scolastico, ed una ragazza bruciata viva dopo aver tentato di resistere all’ennesimo stupro, ormai non si può più fingere di non vedere.

“Molte persone sono soddisfatte per la mia guida-racconta Saritha-e quando scendono dall’autobus mi fanno i complimenti […] Se gli uomini rispettano una donna autista, rispetteranno anche le altre passeggere”. Il lavoro di conducente di autobus pubblici può non apparire come particolarmente pericoloso in molti Stati occidentali, ma in India, la patria del fenomeno dello stupro di gruppo, per una donna è un mestiere incredibilmente rischioso. Ma Saritha non ha paura: “Le donne hanno la forza e la capacità di fare qualsiasi cosa, devono solo essere coraggiose”.

L’augurio è che il coraggio della giovane possa ispirare non soltanto le donne di tutto il Paese, ma anche soprattutto le istituzioni e la comunità a remare insieme verso un futuro in cui lo stupro non sia “socialmente accettato” quale dimostrazione di superiorità morale dell’uomo sulla donna, ma punito severamente come l’orribile crimine che è in realtà. Senza alcun genere di attenuante culturale o religiosa.

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