Sembra esserci l’ombra delle molestie sessuali dietro la tragedia accaduta ieri sera a Kerala, Stato dell’India meridionale, dove quattro atlete hanno cercato di togliersi la vita. Si è trattato di un tentativo di suicidio collettivo, costato la vita ad una delle quattro giovani, che ha lanciato forti sospetti di abuso sessuale sul loro allenatore. Le tre sopravvissute risultano essere attualmente ricoverate in ospedale, in condizioni critiche. La televisione indiana Zee News ha riportato che la tragedia è avvenuta presso un ostello della federazione sportiva dell’India situato ad Alappuzha, a 130 da Trivandrum, capitale dello Stato.
Le quattro quindicenni, per attuare il piano suicida, si sono riunite in un fatale conclave decidendo di mangiare tutte insieme i frutti di Othalanga (Cerbera odollam). Othalanga è una pianta endemica dello Sri Lanka e del Kerala altamente velenosa, conosciuta con l’infausto soprannome di “albero dei suicidi”. A spingere le quattro adolescenti a farla finita sarebbe stato proprio il loro allenatore, colpevole di averle ripetutamente molestate e di essere sempre rimasto impunito. Le ragazze hanno infatti lasciato un biglietto, com’è solito fare chi decide di porre fine alla propria esistenza, nel quale spiegavano le reali motivazioni del loro gesto.
Il messaggio in questione, firmato da tutte e quattro le atlete, contiene pesanti accuse mosse nei confronti dell’allenatore, ma il personale del Centro di addestramento si è già mosso in difesa dell’uomo: secondo la versione ufficiale non ci sarebbe stato alcuno stupro, ma il tutto sarebbe riconducibile ad un semplice rimprovero da parte dell’uomo, che aveva apostrofato duramente le quattro quindicenni per aver assunto bevande alcoliche.
Una tesi che di primo acchito risulta effettivamente poco attendibile: è possibile che quattro ragazzine nel fiore dell’età, abbiano deciso di comune accordo addirittura di arrivare al suicidio per via di un semplice richiamo dovuto all’aver bevuto troppo alcool? La vicenda assume contorni ancora più torbidi per via della sua collocazione geografica: l’India è infatti un Paese a bollino rosso per quel che riguarda gli stupri, una realtà nella quale la figura della donna viene continuamente svilita e degradata, ridotta di fatto ad un possedimento a libero usufrutto degli uomini. Una situazione insostenibile, che può portare a considerare il suicidio come il minore dei mali.
Ne sono un lampante esempio casi come quello del documentario sullo stupro ed omicidio di una studentessa da parte di un branco di uomini su un autobus pubblico, che il governo ha poi deciso di censurare in tutta la nazione proibendo che fosse trasmesso, o il caso della bambina violentata dal conducente dell’autobus scolastico, e costretta dall’istituto scolastico a rimanere a casa perché “denunciando il fatto alla polizia, la famiglia ha gettato fango sul nome della scuola”.