Il terzo terrorista dell’attentato a Londra era italo-marocchino

Youssef Zaghba era un giovane italo-marocchino, monitorato dall'intelligence dopo un fermo all'aeroporto di Bologna nel 2016: nel suo PC furono trovati video dell'Isis, all'epoca non ritenuti sufficienti per un'incriminazione.

Il terzo terrorista dell’attentato a Londra era italo-marocchino

Il terzo terrorista dell’attentato a Londra è Youssef Zaghba. Venne fermato nel marzo 2016 all’aeroporto di Bologna, mentre era in procinto di prendere un volo diretto a Istanbul: il ventenne italo-marocchino aveva il passaporto e un biglietto di sola andata, circostanza che venne percepita come sospetta.

Zaghba, controllato agli imbarchi, non riuscì a dare spiegazioni sulle motivazioni del suo viaggio e, dinnanzi alle domande incalzanti, prese ad agitarsi: venne contattato il procuratore aggiunto Valter Giovannini, all’epoca coordinatore del gruppo terrorismo della Procura, che intervenne immediatamente. Il giovane rimase a terra per i dovuti accertamenti.

La madre, ascoltata in merito, riferì che non era a conoscenza del viaggio del figlio che, invece, le aveva detto di essere sul punto di ricarsi a Roma. La Procura sequestrò il passaporto, il cellulare, il PC: dalle indagini emerse che aveva “solamente” scaricato qualche documento di carattere religioso da siti fondamentalisti. Zaghba, dopo quell’episodio, è stato monitorato dall’intelligence, e non ha vissuto in Italia, spostandosi tra Marocco e l’Inghilterra. Il nome di Youssef Zaghba è stato condiviso dalle autorità italiane nel circuito internazionale d’intelligence come soggetto a rischio radicalizzazione.

La Metropolitan Police di Londra ha comunicato al Dipartimento della Pubblica Sicurezza il coinvolgimento di Zaghba negli attentati di sabato scorso: nato in Marocco, a Fez, nel gennaio del 1995, Youssef Zaghba è figlio di un marocchino naturalizzato italiano, e di una donna italiana, cresciuto in Marocco dove è rimasto fino all’età di vent’anni.

Dopo il fermo di marzo 2016, Zaghba era tornato a Bologna due volte per brevi periodi, a casa della madre. La madre italiana, convertita all’Islam, credeva che il giovane fosse a Londra per lavoro, ma alcuni sospetti l’avevano colta già all’epoca del fermo a Bologna: implorò gli inquirenti di non farlo partire perchè era molto preoccupata per alcuni inquietanti discorsi che aveva preso a fare.

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