Il coraggio delle donne afghane che scendono in piazza a rivendicare i loro diritti

Nonostante il clima repressivo e il rischio di esporsi a violenze, le donne afghane non si rassegnano a dover rinunciare ai diritti conquistati nell'ultimo ventennio e fanno sentire la loro voce.

Il coraggio delle donne afghane che scendono in piazza a rivendicare i loro diritti

Le donne afghane hanno coraggio da vendere. Al grido di “La società di un solo sesso puzza” e “Nessun governo può negare la presenza delle donne” a decine si sono riversate di nuovo in piazza, a Kabul e in altre città e centri per protestare contro il nuovo governo tutto al maschile. Manifestazioni anche a Mazar-e-Sharif, prima città afghana a eleggere una donna a capo del distretto.

La protesta è rivolta anche contro il vicino Pakistan. Secondo voci circolate sui social, Islamabad fornirebbe un supporto ai talebani con copertura aerea e l’impiego di forze speciali nella conquista della valle del Panshir, ultimo baluardo che oppone una strenua resistenza alla furia talebana.

Ai motivi di protesta si è aggiunto ieri anche quello contro la proibizione alle donne di praticare sport. Secondo il capo della commissione cultura del neo costituito governo, Ahmadullah Wasiq, le donne non devono fare sport che “esponga i loro corpi” poiché “si potrebbero verificare situazioni in cui il loro viso e il loro corpo non siano protetti”.

Come c’era motivo di temere, i talebani che all’inizio avevano mostrato una sorta di tolleranza, ora mostrano il loro vero volto. Sono passate solamente tre settimane da quando il loro portavoce, Zabihullah Mujahid, aveva dichiarato che i nuovi padroni dell’Afghanistan avrebbero rispettato i diritti delle donne e non avrebbero fatto discriminazioni. Non avrebbero potuto esercitare la carica di ministri poiché la sharia lo vieta, aveva affermato, ma far parte del governo, sì.

Quanto queste dichiarazioni fossero degne di fede lo si vede oggi: “Tutte le donne, tranne le operatrici sanitarie” –ha detto il portavoce dei talebani- “devono rimanere  a casa e non potranno lavorare fino a quando non ci sarà per loro maggiore sicurezza”.

Nonostante il clima intimidatorio e il rischio di subire violente repressioni, le donne scendono in piazza. Rispondono aggressive ai talebani, accusano, parlano di politica. “Non siamo più le donne di tre decenni fa” -dicono- “non staremo in silenzio”. I giovani talebani incaricati di mantenere l’ordine nelle piazze spesso non sanno come comportarsi. Provengono dalle zone rurali e non sono abituati a confrontarsi con donne, rispondono imbarazzati, i più intolleranti sono tentati di ricorrere alle maniere forti.

Per nulla imbarazzato il nuovo ministro dell’interno, Sirajuddin Haqqani, di fronte al dilagare delle proteste, ha emanato il divieto di manifestare a Kabul e in tutte le province afghane, salvo previa autorizzazione del ministero della giustizia e degli interni. Le nuove linee guida prevedono che almeno 24 ore prima della manifestazione i dimostranti dovranno informare le autorità sugli scopi, gli slogan che saranno utilizzati, il luogo e l’ora dell’incontro. 

Tra le frange meno agguerrite della protesta il pessimismo comincia a serpeggiare. “Presto il mondo si dimenticherà dell’Afghanistan e i talebani saranno liberi di fare ciò che vogliono”.

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