Per quanto possa sembrare ripugnante, la strada indicata dall’ex presidente del consiglio Giuseppe Conte non ha al momento alternative: con i talebani bisogna trattare. E non per mera real politik o per assicurarsi la pole position quando, prima di quanto si creda, si ricomincerà a parlare di affari, ma per quei milioni di persone che in Afghanistan dovranno continuare a vivere.
In questi giorni non si fa che parlare di alcune migliaia di uomini, donne e bambini che, più o meno fortunosamente, riescono a imbarcarsi su un aereo e a lasciarsi alle spalle un paese alla merce’ degli integralisti islamici.Si tratta di collaboranti, intellettuali, attivisti, personaggi pubblici impegnati nella società civile afghana a vari livelli che hanno ragione di temere vendette o rappresaglie da parte dei nuovi padroni del paese.
Ma costoro e le loro famiglie, per quanto possa essere doloroso abbandonare tutto e dover ricominciare da zero in un paese sconosciuto, rispetto ai tanti che sono costretti a restare possono considerarsi baciati dalla fortuna.Il peggio è per chi non riesce o non può lasciare il paese, cioè per quei sedici milioni di uomini, donne e bambini che saranno costretti a vivere sotto il tallone del proclamato emirato islamico, in quali condizioni si può solo tentare di immaginarlo.
Le più penalizzate saranno ancora una volta le donne, le ragazze e le bambine che, per bene che vada, saranno costrette ad abbandonare il lavoro e la scuola per essere ricacciate in una condizione di schiavitù. Ma l’intera società afghana è destinata ad andare incontro a un peggioramento spaventoso delle già precarie condizioni di vita con i prezzi dei generi di prima necessità che andranno alle stelle, la disoccupazione che aumenterà in modo esponenziale, il livello di sussistenza che precipitera’ in modo inarrestabile.
Senza parlare di tutta quella rete di servizi, in primis quelli sanitari e assistenziali, che, anche in conseguenza del depauperamento causato dalle tante risorse che hanno lasciato il paese, non saranno più in grado di funzionare a un livello minimo accettabile.
Per questo l’insistenza del leader dei cinque stelle sulla necessità di trattare appare giustificata e, almeno al momento, l’unica via praticabile.Su cosa e a quali condizioni, con quali strumenti e alleanze è tutto da stabilire, ma trincerarsi dietro la posizione di principio di chi sostiene che con i terroristi non si tratta punto e a capo rischia di rivelarsi il peggiore dei mali.