Di Frozan Safi si erano perse le tracce il 20 ottobre: il suo corpo, crivellato di colpi, è stato ritrovato dopo oltre 2 settimane dalla sua scomparsa.
A identificare il cadavere di Frozan è stata la sorella Rita, medico, nell’obitorio della città afghana di Mazar-i-Sharif, che l’ha riconosciuta dai vestiti perché il volto era “distrutto dai proiettili”.
L’accaduto
L’attivista e docente di economia, Frozan Safi, è stata uccisa in Afghanistan. Si tratterebbe, secondo quanto riporta il Guardian, della prima attivista per la difesa dei diritti delle donne uccisa dal ritorno al potere dei talebani dello scorso agosto. Safi era scomparsa due settimane fa, il 20 ottobre, e da allora non si era più saputo nulla di lei.
Il suo corpo è stato riconosciuto oggi in un obitorio nella città di Mazar-i-Sharif: “L’abbiamo riconosciuta dai suoi vestiti, i proiettili le hanno distrutto la faccia“, ha detto la sorella di Safi, Rita, che è un medico.”C’erano ferite da proiettile dappertutto, troppe da contare, sulla testa, sul cuore, sul petto, sui reni e sulle gambe”.
Non aveva con sé né il suo anello di fidanzamento né la sua borsa, che probabilmente le sono stati sottratti.Giovedì scorso sono state le forze di sicurezza talebane a portare all’ospedale i corpi di due donne non identificate che erano state colpite a morte, spiegando che la polizia stava indagando sulle cause, ma che essendo state trovate vicino a due uomini si ipotizzava una lite familiare.
Nell’Afghanistan dei talebani la paura ha creato confusione. Da metà agosto le donne hanno protestato contro il nuovo regime, chiedendo che i loro diritti siano ripristinati e protetti. E mentre i riflettori dell’Occidente si sono spenti, giorno dopo giorno le donne perdono più diritti: le ragazze sono di fatto bandite dalla scuola secondaria, il nuovo governo è formato da soli uomini e le donne sono state escluse dalla maggior parte degli sport e dei lavori.Frozan, sempre secondo quanto riporta il Guardian, ha ricevuto una chiamata da un numero anonimo circa un mese fa, che le diceva di raccogliere le prove del suo lavoro come attivista e di partire per una casa sicura.
Così è andata via di casa, ha raccontato ancora la sorella, ma non è più tornata. C’è prudenza e timore, però, nell’attribuire la sua morte ai talebani: “Non sappiamo chi l’ha uccisa“, ha detto Rita. Un’altra attivista racconta di essere stata con lei all’ultima manifestazione nazionale, dove le donne sono state picchiate con manganelli elettrici e i giornalisti che sono stati arrestati e torturati.