Esausto dopo 250 ore di straordinari per Covid, infermiere muore di overdose da antidolorifici

Un infermiere britannico 35enne, Philip Pengson, travolto dallo stress fisico e mentale, dopo 250 ore di straordinari per Covid, è morto per overdose da antidolorifici di cui ha abusato.

Esausto dopo 250 ore di straordinari per Covid, infermiere muore di overdose da antidolorifici

Un infermiere 35enne è morto per overdose di antidolorifici nello stesso ospedale dove lavorava. L’uomo, sfinito dopo oltre 250 ore di straordinari sul lavoro causa Covid, ha abusato di tali farmaci fino al decesso. 

L’infermiere, Philip Pengson, dopo aver lavorato in condizioni estreme durante la prima ondata pandemica da Coronavirus, è stato travolto dallo stress fisico e mentale, fino ad utilizzare spropositatamente questi medicinali per placare il dolore, morendo nel gennaio scorso. 

L’inchiesta

L’uomo, come ricostruito da un’inchiesta sulla sua morte, aveva fatto 259 ore di straordinario in soli 4 mesi, con turni massacranti che lo avevano distrutto. Negli ultimi giorni prima della morte, gli stessi colleghi della vittima, che lavoravano nel Royal Surrey Couny Hospital di Guildford, nel sud-est dell’Inghilterra, descrivono di aver notato cambiamenti di atteggiamento molto evidenti. 

Il 35enne aveva iniziato a scomparire per lunghi periodi durante i suoi turni in ospedale, riemergendo con aria stordita e con il sangue sul camice. Proprio durante il lockdown per Covid, gli infermieri non sono riusciti a trovarlo in reparto, sino a ritrovarlo nei bagni dello spogliatoio maschile primo di sensi. I soccorsi sono stati tempestivi ma l’uomo è stato dichiarato morto poco dopo. Una sua collega ha dichiarato: “Avevo capito che qualcosa non andava. Gli ho spiegato che ero preoccupata per lui perchè si assentava per tanto tempo. Mi ha detto che era esaurito e voleva essere lasciato solo”.

L’uomo, stando alle indagini, è morto a causa di un‘alta concentrazione di farmaci nel sangue. Gli investigatori hanno rovato vari flaconi di un potente darmaco anestetico all’interno della sua stanza e sei bottigliette nel suo zaino in bagno. La collega Jessica Ubag durante l’udienza ha raccontato: «Ho notato che era scomparso di nuovo, gli ho mandato un messaggio e l’ho chiamato ma non ha risposto». Al suo ritorno, circa 40 minuti dopo, «l’ho visto e gli ho spiegato che ero preoccupata per lui chiedendogli perché fosse stato via così tanto tempo. Lui mi rispose: pensi che sto prendendo droghe o qualcosa del genere? Non potrei farlo perché abbiamo la vita di altre persone nelle nostre mani».

 

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