Due anni per la diagnosi della patologia, oggi ha poco tempo per vivere

Il Covid, i ritardi di due anni nella diagnosi di una patologia, hanno portato una donna ad avere un peggioramento della malattia per cui oggi necessita di una cura sperimentale non coperta.

Due anni per la diagnosi della patologia, oggi ha poco tempo per vivere

Il settore della salute va spesso incontro a problematiche, ad alcune mancanze non solo nel reparto di medici e di infermieri, ma anche di conoscenza e di saper trattare con i pazienti. Non sempre si riesce a diagnosticare una patologia nei tempi adatti. Una donna, nel Regno Unito, ha dovuto attendere circa 2 anni affinché le venisse diagnosticata una patologia e ora ha poco tempo per vivere anche se spera in qualche cura sperimentale. 

Questa è la storia di Julie Butler, del Regno Unito, nello Yorkshire che, nel 2020, ha cominciato ad avvertire dei sintomi e dei dolori che l’hanno portata non solo a ingrassare di ben 13 chili ma anche ad avere difficoltà a camminare. A seguito di questi sintomi, le è stata diagnosticata una patologia molto seria e grave per cui oggi le restano soltanto tre mesi di vita.

In seguito alla patologia, avrebbe dovuto sottoporsi a un intervento ma purtroppo era nel periodo del Covid, per cui l’operazione si è dovuta ritardare di almeno due anni. Al Daily Mail, ricorda che “ero sempre gonfia e gli stessi medici non riuscivano a spiegarsi cosa mi stesse succedendo e cosa avessi”.

Non appena sottoposta all’intervento, è stato riscontrato un altro problema per cui ha dovuto sottoporsi a un’altra operazione. Un’operazione che si è rivelata utile per scoprire la patologia della quale soffriva da parecchio tempo. Un paio di anni fa, nel 2023, la donna, di professione ristoratrice, si è sottoposta a una serie di esami che hanno rilevato un peggioramento della patologia.

Oggi infatti la sua patologia è giunta al quarto stadio con problematiche che hanno interessato i polmoni, il fegato e la milza. Da queste problematiche, è emerso che la donna ha soltanto tre mesi di vita. L’unica possibilità sarebbe una cura sperimentale in Germania che, però, l’assistenza sanitaria inglese non copre. 

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