Uno dei principali problemi del Giappone è la morte per eccesso di lavoro, nota col termine di “Karōshi”. Per tamponare questa vera e propria emergenza, alcune aziende sono arrivate a pagare i dipendenti che staccano prima, almeno l’ultimo venerdì del mese: un flop, imputabile alla natura workaholic del popolo nipponico.
Lo scorso Febbraio, il governo del Sol Levante ha varato un provvedimento chiamato “Premium Friday”, che permetteva ai dipendenti di staccare prima, ovvero alle 15, dal lavoro ogni ultimo venerdì del mese: l’iniziativa era stata presa sia per incentivare gli acquisti, a negozi ancora aperti, sia per combattere le morti da iperlavoro.
Un paio di anni fa, nel 2015, vi sono state 1.456 morti tra i malati di lavoro del Giappone, ed un recente rapporto governativo non promette certo un miglioramento, anzi: 1/5 dei lavoratori locali corre il pericolo di morire per aver lavorato allo stremo, un qualcosa che viene considerato una virtù tra gli eredi dei samurai, e che è diventato una necessità, visto che – causa il forte invecchiamento del paese – vi è piena occupazione. A confermare questi dati, il fatto che i giapponesi non amano andare in ferie (nel 2015 sono stati presi, in media, 8.8 giorni di ferie sui 16 previsti per legge), e – se possibile – eccedono negli straordinari: più del 22% ha ammesso di aver fatto 80 ore di straordinari al mese, mentre più dell’11% ha parlato di 100 ore mensili di straordinario.
Qualche settimana fa, il prestigioso quotidiano locale Japan Times ha consultato i lavoratori delle 130 aziende che hanno aderito a questo provvedimento del governo, ed hanno scoperto che solo il 4% degli impiegati della capitale aveva aderito al venerdì corto.
Il problema si è fatto, quindi, molto serio. Tanto che diverse grandi aziende, non ultima la Mitsubishi Motors, hanno dovuto premiare con un bonus (3200 yen, presso l’azienda di marketing e comunicazione Sunny Side Up) quei dipendenti che accettavano di farsi “staccare” – letteralmente – dalla loro amata scrivania.