Negli Stati Uniti vige una severa normativa per la tutela della privacy dei minorenni, anche in ambito digitale, e per quanto riguarda i comportamenti online. Ne sa qualcosa la Disney, il celebre colosso dell’intrattenimento, che è stata appena citata in giudizio da una madre, secondo la quale 42 applicazioni dei creatori di Topolino & Co. avrebbero raccolto e ceduto a terzi dati personali di bambini senza – per altro – chiedere il permesso ai rispettivi genitori.
L’iniziativa legale, che poi ha assunto le dimensioni di una class-action, è stata avviata da Amanda Rushing, una mamma californiana di San Francisco, secondo la quale nessuno l’aveva avvertita che l’app alla quale giocava la sua bimba, “Disney Princess Palace Pets”, monitorasse i comportamenti online della piccola, raccogliendo dati personali che, poi, cedeva agli inserzionisti pubblicitari, a scopo profilazione.
Negli Stati Uniti, infatti, vige il “COPPA” (Children’s Online Privacy Protection Act), una severa normativa, a tutela delle attività online dei minorenni, in base alla quale le app e i siti che si rivolgono a minori di 13 anni, o che sanno di avere questo target di età nel novero del proprio pubblico, devono chiedere il permesso ai genitori per raccogliere, conservare, usare, o cedere i dati personali (dal 2013 comprensivi della posizione GPS e dell’indirizzo IP) dei minorenni.
Col tempo, e dopo opportune verifiche, si è appurato che il medesimo modus operandi era intrattenuto da ben 42 applicazioni Disney (generatori di GIF, puzzle, persino titoli afferenti la saga di Star Wars) realizzate, su commissione, da 3 software house (Kochava, Upsight, e Unity) chiamate in causa al pari della Disney che, se condannata, potrebbe subire una sanzione particolarmente punitiva, oltre al dover corrispondere le spese legali.
Un portavoce della Disney ha commentato la notizia della chiamata in causa col fatto che tutto sarebbe nato da un’errata interpretazione dei principi del COPPA, e che le policy dell’azienda – oltre a trattare bambini e genitori con la massima rigorosità possibile – sono anche decisamente conformi a quanto sancito dalla normativa in oggetto.
Tuttavia, a ben guardare, i precedenti non depongono propriamente a favore del colosso dell’intrattenimento e dell’animazione: nel 2011, infatti, la Commissione Federale per il Commercio, la FTC, ha comminato una multa di 3 milioni di dollari, alla controllata Playdom, proprio per aver raccolto e usato i dati di utenti minorenni in violazione della legge che ne tutela le azioni ed i comportamenti online.