Il Coronavirus sta lasciando dietro di sé una crisi sanitaria senza precedenti, che poteva essere evitata. È quanto sostiene Oriol Mitjà, eminente infettivologo spagnolo che lo ha detto forte e chiaro: “siamo arrivati troppo tardi“. Mitjá è anche ricercatore presso la fondazione Lotta contro l’HIV di Barcellona, e ha già affrontato più di un nemico invisibile all’occhio umano. Ha studiato virus e batteri di tutti i tipi, dalla Framboesia, malattia tropicale che genera malformazioni ossee e ulcere che deturpano il viso, fino alla sifilide e ora, ovviamente, il coronavirus. Ha studiato il COVID-19 da vicino e per questo assicura che “l‘epidemia era evitabile”.
In un’intervista al quotidiano El Paìs, ovviamente tramite cellulare e Skype, per ridurre al minimo i contatti e dare l’esempio, ha assicurato che “è mancata la capacità di anticipazione e di fare previsioni epidemiologiche di una pandemia evitabile. Non averla evitata ha avuto conseguenze per la salute pubblica e questa, in termini medici, è la definizione di negligenza”. Mitjà, che da settimane sta studiando l’evolversi della pandemia, consapevole dell’elevato rischio di trasmissione, è diventato il flagello, non solo di virus e batteri, ma anche delle autorità sanitarie che hanno gestito la crisi del coronavirus. Su Twitter ha chiesto le dimissioni del comitato di emergenza spagnolo.
È successo che, in base ai suoi studi, si era reso conto fin da subito che un solo caso di contagio in una sola città poteva seminare un’epidemia. “Quando ci sono 20 o 30 casi, è già inarrestabile e devono essere attuate strategie di controllo più aggressive”, ha spiegato. Ha parlato anche dei messaggi che arrivavano dalle autorità sanitarie: “Ci dicevano che era impossibile che arrivassero casi importati. Quando poi sono arrivati, ci hanno detto che non ci sarebbero stati casi autoctoni. E quando erano autoctoni, dicevano che le catene di trasmissione potevano essere fermate con strumenti di salute pubblica molto deboli, come l’isolamento di casi e contatti. Alla fine, l’epidemia è cresciuta”.
Secondo lui l’invito alla calma è stato un errore, ha pregiudicato un’adeguata pianificazione. Anche la comunicazione non trasparente è stata un errore, perché non ha permesso agli operatori sanitari di prepararsi e prendere decisioni prima che arrivasse la crisi, non durante. “E ora la situazione è grave perché abbiamo lasciato che l’epidemia si diffondesse troppo. Siamo in una situazione critica, manca materiale medico, gli ospedali trasbordano, il numero di casi aumenta perché l’isolamento non è effettivo”, ha aggiunto.
Alla domanda “Il virus è venuto per restare?“, il medico risponde senza tentennamenti: “Sì“, ma spiega che nella prima ondata è più grave perché ci coglie impreparati, colpisce un numero maggiore di persone perché non abbiamo ancora sviluppato l’immunità. Inoltre, non abbiamo avuto il tempo per sviluppare farmaci o vaccini. Con l’arrivo dell’estate si spera in una diminuzione del tasso di trasmissione e “il prossimo inverno saremo preparati perché avremo protocolli, conosceremo il virus e avremo gli strumenti per combatterlo“, afferma fiducioso.