Controllo capillare: l’Iran rafforza le norme sull’uso obbligatorio del hijab

Tra l'indifferenza delle femministe locali, a Teheran le donne subiscono un controllo sempre più oppressivo: lo rivela un rapporto di Amnesty International.

Controllo capillare: l’Iran rafforza le norme sull’uso obbligatorio del hijab

La pressione esercitata dal governo iraniano continua senza sosta. In occasione della Giornata internazionale della donna, che si celebra l’8 marzo, Amnesty International ha pubblicato un report che mette in luce le severe politiche adottate dalle autorità di Teheran verso le donne, che affrontano controlli sempre più rigidi per assicurare l’adesione all’uso obbligatorio del velo. Le donne in Iran sono obbligate a indossare l’hijab persino dentro le automobili, con l’introduzione di multe severe, inclusa la possibilità di sequestro dei mezzi.

Un’operazione estensiva che include una “sorveglianza capillare” negli spazi pubblici e “verifiche poliziesche su vasta scala” rivolte alle donne alla guida. Numerose iraniane hanno visto i propri veicoli sequestrati per aver sfidato le normative sull’hijab, con alcune che sono state sottoposte a processo e condannate a pene quali flagellazione o detenzione.

Le più fortunate hanno ricevuto sanzioni pecuniarie o sono state obbligate a partecipare a corsi di “educazione morale“. Il recente report di Amnesty si fonda sulle dichiarazioni di quarantasei individui ( quarantuno donne, una donna transgender, una ragazza e quattro uomini ) e ribadisce la sistematica soppressione delle libertà fondamentali nel paese.

Nel 2022, l’Iran è stato teatro di imponenti proteste scatenate dal decesso di Mahsa Amini, detenuta per aver indossato in modo improprio l’hijab. Nonostante le manifestazioni proseguano da mesi, il regime di Teheran non ha considerato l’idea di revocare la normativa sull’obbligatorio uso del velo, introdotta dopo la rivoluzione islamica del 1979.

Nel tentativo di sopprimere l’opposizione al velo obbligatorio, le autorità iraniane “stanno intimidendo donne e ragazze con una sorveglianza costante, perturbando la loro vita quotidiana e infliggendo loro profondo stress psicologico”, secondo quanto riferito da Diana Eltahawy, vice direttrice per il Medio Oriente e il Nord Africa di Amnesty International: “Le loro misure estreme includono l’arresto delle donne automobiliste e il sequestro su larga scala dei loro veicoli, oltre a sanzioni crudeli come la fustigazione e la detenzione”.

La tattica di oppressione attuata dall’Iran coinvolge vari organi di controllo, tra cui la polizia morale, l’ufficio del procuratore, i tribunali, le Guardie, i servizi segreti e le milizie paramilitari Basiji. Per assicurare l’osservanza dell’obbligo del velo, si ricorre anche all’ausilio di immagini di videosorveglianza e alle segnalazioni di agenti in incognito che, tramite l’app “Nazer” della polizia, identificano le targhe di veicoli guidati da donne o con donne passeggeri ritenute in violazione delle norme.

Le trasgressioni comportano ricezione di messaggi e telefonate, oltre alle pene già menzionate. In aggiunta, l’accesso a servizi come trasporti pubblici, aeroporti e istituti bancari è frequentemente negato o subordinato all’uso del velo per le donne iraniane. Diverse testimoni hanno segnalato esami meticolosi riguardanti la lunghezza e l’aderenza di giacche, pantaloni e uniformi.

Questa situazione rappresenta un quotidiano calvario per migliaia di donne, lasciate sole di fronte all’indifferenza delle femministe locali, spesso attive solo in alcune occasioni.

Continua a leggere su Fidelity News