Alla fine, è successo. O quasi. Con un’ora di ritardo sulla scaletta, a causa di alcuni dissidi nella sua maggioranza, il governatore catalano Carles Puigdemont ha aperto la seduta del parlamentino regionale per relazionare sul passato referendum tenutosi il 1° Ottobre nella sua regione, e per spiegare come si muoverà il suo governo nei prossimi giorni in merito alla questione dell’indipendenza chiesta da una porzione del suo popolo.
L’inizio del discorso di Puigdemont, trasmesso in diretta televisiva, si è tradotto con una cronistoria di come si è arrivati allo scorso referendum, nato – queste il suo ragionamento – a causa del fatto che il governo centrale, nel corso del tempo, dopo la costituzione spagnola varata nel 1978, ha progressivamente ridotto l’autonomia della Catalogna, mortificandone le aspirazioni. Tappe fondamentali di questa “mortificazione” sono state una passata espressione della Corte Costituzionale spagnola che già nel 2015 aveva bocciato il processo secessionista catalano, ed il fatto che gran parte della costituzione che Barcellona, in quanto “nacionalidad”, si era data era stata falcidiata da rilievi che l’avevano, in gran parte, annacquata.
Secondo Puigdemont, quindi, il popolo catalano non ha avuto altra strada che pronunciarsi nel corso di un referendum che ha avuto un esito chiaro, del quale lui non può che farsi portavoce: la Catalogna vuole essere indipendente, in forma repubblicana. Insomma, una dichiarazione unilaterale di secessione che, però, sul più bello, complici le pressioni internazionali (il ministro degli Esteri italiano, Alfano, proprio in queste ore ha ribadito che il nostro paese crede nell’unità spagnola e nella capacità di Madrid di mantenere l’ordine), è stata sospesa, con quello che molti analisti internazionali hanno definito un “passo di lato“.
Passo di lato che è stato fatto, sempre secondo il governatore catalano, per avviare dei negoziati. Anche se non è ben chiaro con quale controparte (ma si presuppone con la Spagna, visto che parte del discorso è avvenuta in spagnolo) e sotto l’egida di quale intermediario: invero, non è nemmeno ben chiaro con quale proposito. Negoziare una scissione meno traumatica da Madrid, o una permanenza più conveniente?
Quello che è certo è che, sebbene la risposta ufficiale di Madrid arriverà solo domani pomeriggio alle 16, le prime avvisaglie sono tutt’altro che positive. Alcune note fatte trapelare dalla Moncloa, la sede del governo, ai quotidiani spagnoli, El Pais in primis, parlano di un governo nazionale decisamente indispettito, che avrebbe parlato di golpe, o di golpe differito, sottolineando come sia impossibile trattare con chi si è posto – di fatto – fuori dal contesto legale.
La Catalogna, insomma, sempre più va incontro all’attuazione dell’articolo 155 della Costituzione spagnola, secondo il quale – in casi del genere – Madrid può revocare l’autonomia di una regione, sciogliendone le istituzioni, nominando un suo rappresentante locale, in attesa dell’esito di nuove elezioni.