E’ andato male, malissimo, il tentativo di Ferdinand Piech di silurare Martin Winterkorn, l’uomo che ha portato la Volkswagen a raggiungere guadagni record: da 110 a oltre 200 miliardi di euro, oltre al traguardo delle 10 milioni di auto vendute, nel solo 2014. Non erano ancora chiari i motivi di questa ‘guerra’ tra i due, fatto sta che Piech, il presidente del Consiglio di Sorveglianza della Volkswagen, si è dimesso insieme alla moglie Ursula da tutti gli incarichi all’interno dell’azienda. Piech, nipote del fondatore del marchio Porsche, dopo questa sua decisione è rimasto isolato, ed ha preferito dimettersi. Il paradosso è che si tratta di uno degli azionisti singoli più importanti della società: il manager ha battuto il presidente.
Come detto, non sono ancora chiari i motivi del muro contro muro, ma è chiaro chi ne ha avuto la peggio. I sindacati, infatti, nel sistema tedesco di governance hanno un grande potere, e si sono schierati subito a favore di Winterkorn il quale, tra i suoi numerosi successi manageriali, aveva anche aumentato sensibilmente gli stipendi degli operai della casa tedesca. Stephen Weil, governatore socialdemocratico del Land della Bassa Sassonia, ma soprattutto azionista del 13% dell’azienda (e muove il 20% degli operai, che possono votare nell’azienda, secondo il sistema tedesco), si schiera con loro e con Winterkorn: azione decisiva per le dimissioni di Piech.
Come fatto notare da più analisti economici, il ‘paradosso’ del caso Volkswagen è che ha vinto l’influenza rispetto a chi detiene il capitale. Situazione particolare, non c’è che dire. Ma sembra davvero impensabile che un uomo come Ferdinand Piech, abituato a dettare legge in quella che fino ad ora era la ‘sua’ azienda, possa lasciare così, senza avere in cambio una ‘contropartita’: d’altronde, è lo stesso Weil a riconoscere a Piech il fatto che si è trattato di “uno degli uomini più importanti della storia economica tedesca”. Attendiamo sviluppi in merito.