La birra alla vagina sbarca dell’universo delle amatissime “artigianali“, e promette già di fare scintille. Anche solo per il concept stesso del prodotto. Stiamo parlando ovviamente dell’ultimo ritrovato sperimentale in materia di birre artigianali, lanciato sul mercato da un ardito manipolo di amanti del luppolo, che ha deciso di salpare verso nuovi orizzonti e provare a dare una forte scossa all’industria di questa meravigliosa bevanda.
Le birre artigianali sono ormai diventate un must per moltissimi locali di tutto il mondo, e difficilmente ora i veri amanti del nettare degli dèi (definizione da condividere con altri alcolici certo, ma già solamente il fatto che gli egiziani facessero ricondurre la sua creazione al dio Rie è sufficiente a qualificarla come tale) si accontentano di una semplice e banalissima “media bionda” a caso.
La realtà dei fatti è che negli ultimi anni i palati dei veri birraioli si sono fatti via via sempre più sofisticati, e la domanda ha cominciato ad interessare anche prodotti dapprima praticamente sconosciuti ai più, fuorché agli estimatori maggiormente appassionati. Con la conseguenza che oggi diversi locali hanno dovuto dedicare un intero listino esclusivamente alla presentazione delle birre della casa.
Tuttavia la scelta è talmente ampia che difficilmente una birra artigianale riesce a distinguersi da un’altra, quantomeno agli occhi di un neofita: per riuscire veramente a penetrare il mercato, c’era bisogno di un prodotto che potesse avere un impatto immediato e devastante, ma fosse al contempo sufficientemente conturbante da incuriosire i consumatori.
Così è nata la Order of Yoni – Bottled Instinct, la birra alla vagina, che ha subito fatto discutere gli appassionati come non accadeva oramai da molti anni. Questo particolarissimo drink viene ottenuto dalla fermentazione dei batteri vaginali, e si propone di offrire una bevanda che possa letteralmente catturare l’essenza di una donna.
O per meglio citare – testualmente – i suoi ideatori, di catturare: “Il suo charme, la sua sensualità, la sua passione, il suo gusto, il suo odore…la sua voce“. Ma chi è esattamente la donatrice che si è offerta di lasciar trasportare tutte queste sue qualità all’interno di una bottiglia?
Il suo nome è Alexandra Brendlova, una splendida modella ceca, la quale sarà però solamente la prima di tante donne che saranno chiamate ad offrire “un po’ di sé” affinché la loro essenza possa diventare birra. Alexandra in quanto mora è una “scura“, ma nei piani dell’azienda c’è l’idea di lanciare prossimamente birre “a base di rosse” ed “a base di bionde“. Ed ogni riferimento cromatico, si sarà capito, è nient’affatto casuale.
L’idea è infatti quella di iniziare la produzione su larga scala, se l’impatto del pubblico sarà favorevole e verranno raccolti consensi sufficienti da giustificare un investimento adeguato.
Certo, probabilmente la birra alla vagina non si presenterà al palato dei suoi assaggiatori con il caratteristico “gusto di donna” che “chi sa, conosce”, per dirla senza dover scendere in particolari eccessivamente scabrosi. Ma come suggerirebbero senz’altro i suoi ideatori, e non soltanto loro: “It could worth a try“. Yes sir: it could.