Bosnia: la disperazione dei migranti dopo l’incendio che ha distrutto il campo di Lipa

È straziante la disperazione dei migranti del campo di Lipa, distrutto da un incendio il 23 dicembre. Ora sono in migliaia al freddo e al gelo, senza acqua né cibo, a vagare alla ricerca di un nuovo posto che possa accoglierli.

Bosnia: la disperazione dei migranti dopo l’incendio che ha distrutto il campo di Lipa

Il 23 dicembre il campo profughi di Lipa, ad una trentina di chilometri da Birac, nel nord della Bosnia-Erzegovina, è andato in fiamme. Costruito ad aprile per fronteggiare l’emergenza Covid, gestito dall‘Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni), avrebbe dovuto ospitare solo 1000 persone, anche se al suo interno ce n’erano almeno 500 in più.

Il campo era strutturato con 4 tendoni-dormitorio con 120 letti a castello, mentre l’elettricità arrivava con generatori di cherosene, saltati con le prime nevicate. L’Oim aveva dato il deadline negli ultimi mesi per chiudere il campo, tirato su per fronteggiare l’emergenza. Il 23 dicembre doveva esserci l’evacuazione finale ma alle 11 del mattino un tendone ha preso fuoco.

La disperazione dei migranti

Un migrante pakistano, Kasim, ha raccontato l’inferno di Lipa: “Viviamo come animali, se nessuno ci aiuta, moriremo”. Si, perchè migliaia di migranti vivono all’addiaccio, con temperature sotto zero, sotto la neve, senza cibo né acqua, lottando per sopravvivere al gelo dell’inverno balcanico. Alcuni, dopo l‘incendio, hanno provato a raggiungere la Croazia e dunque l’Europa ma, al confine, sono stati catturati dalla polizia, picchiati, spogliati di quel poco che portavano con sé, per poi essere abbandonati sulle montagne o sulle rive di un fiume.

In attesa di sistemazione, potrebbero tornare al campo di Bira, nel cantone di Una Sana, che ha 2000 posti ed è il più grande della Bosnia ma i residenti stanno organizzato picchetti davanti al campo per non far entrare più nessuno.Alcuni si dirigono verso centri di accoglienza di altre città (es. Sarajevo), in quanto hanno paura che lo scheletro delle tende divorate dal fuoco possa crollare su di loro da un momento all’altro, per via delle sferzate di vento e gelo. In tante le persone che non si reggono in piedi, con febbre alta, col corpo congelato, che cercano riparo nelle foresta, con sacchi della spazzatura che dovrebbero fungere da tende.

Solo la Croce Rossa e qualche Ong locale come SOS Bihac sono le uniche ancora presenti sul posto. Le autorità locali stanno pensando di trasferire al campo di Lipa i container che si trovano nel centro di accoglienza di Bira. Una soluzione inadeguata, oltre che tardiva per quei corpi che, come fantasmi, vagano nelle foreste in cerca di umanità.

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