Quando era nata, Ran Miller non era una bambina come tutte le altre: la piccola era affetta da una grave malformazione congenita, ed era venuta alla luce con un grosso buco nel cranio e priva del naso. La sua patologia è nota come displasia fronto nasale, una rarissima malformazione del cromosoma X capace di causare forti anomalie nella regione craniofacciale.
Per questa ragione i medici sono stati costretti a sottoporla ad un ciclo di 20 operazioni chirurgiche, allo scopo di chiudere il foro nella sua testa e darle finalmente un naso. Se non fosse stata curata d’urgenza infatti, le malformazioni della piccola erano di tale gravità che ne avrebbero causato la morte.
La prima operazione ebbe luogo quando Ran aveva solo 4 mesi, e venne eseguita presso il John Hopkins Hosiptal di Baltimora, nel Maryland (Stati Uniti). Gli interventi sono proseguiti fino all’età di 16 anni, una vera e propria maratona nel lunghissimo periodo per riuscire a curarla sia dal punto di vista fisiologico, sia sotto l’aspetto estetico.
Ora Ran Miller ha 26 anni, ha trascorso oltre 50 ore della vita in sala operatoria e la sua storia, raccontata ai quotidiani statunitensi, ha fatto il giro del mondo. Il suo aspetto non sarà mai quello di una ragazza normale, ma la giovane ha accettato la sfida, ed ha parlato in difesa di chi soffre della sua stessa patologia: “Non chiamateci mostri“.
“So che non avrò mai un aspetto normale, ma non mi interessa ciò che pensa la gente. Non sono un fenomeno da baraccone, le mie cicatrici raccontano ciò che ho passato, e testimoniano quanta strada abbia fatto per arrivare fino a qui“.
La madre di Ran aveva condotto una gravidanza normale, ed i medici non avevano rilevato anomalie nel feto, tant’è che si sono accorti della malformazione solo dopo che la bambina era nata. Per riuscire a chiuderle il buco in testa ed a darle un naso, i chirurghi hanno parzialmente rimosso una delle costole di Ran.
Ora la ragazza studia per diventare una fotografa professionista, ed ha lanciato un appello al mondo: “Non giudicate le persone come me, non chiamateci fenomeni da baraccone. Abbiamo il diritto di vivere come tutti gli altri“.