Megumi Igarashi, artista giapponese di 43 anni accusata di oscenità lo scorso Luglio, per via delle fotografie scattate alla propria stessa vagina, è tornata a parlare del caso mediatico che ha generato reazioni controverse in tutto il Paese. Megumi, in arte Rokudenashiko (nickname che può essere tradotto più o meno come “ragazza buona a nulla”), aveva distribuito lo scorso Marzo delle fotografie 3D via e-mail dei propri genitali a coloro che avevano effettuato donazioni superiori ai 3.000 yen, per aiutarla a realizzare un controverso progetto artistico: costruire un kayak con le sembianze della propria vagina.
Per questo, nel Luglio del 2014, Megumi era stata accusata di oscenità secondo le leggi in vigore in Giappone, salvo poi venire rilasciata una settimana più tardi (allo scopo di “salvare” l’artista dalla prigione, era anche stata lanciata una petizione online a favore della libertà di espressione, che aveva raccolto più di 21.000 firmatari nell’arco di pochissimi giorni). Ma il calvario di Rokudenashiko non finì lì: il 3 Dicembre 2014 la donna venne nuovamente arrestata per oscenità, insieme alla scrittrice Minori Kitahara (pseudonimo di Minori Watanabe), attivista femminista e proprietaria di un sexy shop.
Il 24 Dicembre Minori venne rilasciata per insufficienza di prove, mentre Megumi ritrovò la libertà due giorni più tardi, il 26 Dicembre, previo pagamento della cauzione. Ma la stravagante artista risulta ancora sotto accusa, e se dovesse venire ritenuta colpevole dei reati a lei ascritti, potrebbe rischiare una pena detentiva fino a 2 anni di carcere, oltre al pagamento di 2,5 milioni di yen. L’agenzia di stampa giapponese Kyodo News ha riportato le affermazioni di Megumi, che si è difesa così dalle accuse mosse a suo carico: “Non discuto i fatti, ma la mia arte non è oscena”.
Dello stesso avviso è l’avvocato dell’artista, il quale ha spiegato a Kyodo News che: “Il lavoro dell’accusata non è una precisa riproduzione della vulva, e non causa eccitamento sessuale”. Il legale della donna ha poi precisato che l’utilizzo del codice penale allo scopo di perseguire Megumi viola espressamente il suo diritto costituzionale alla libertà d’espressione. Rokudenashiko si è detta pronta a portare il suo caso di fronte alla Corte Suprema giapponese, se necessario. Il controverso lavoro di Megumi Igarashi è stato da lei definito come un tentativo di “demistificare” la vagina in Giappone, vista come una cosa “da nascondere assolutamente”, al contrario dei genitali maschili.
Per fare un parallelismo utile a spiegare la situazione, Megumi Igarashi ha parlato del Festival del Pene di Kanamara: questo festival, organizzato presso il santuario di Shinto localizzato nella città di Kawasaki, nei pressi di Tokyo, viene organizzato ogni anno ad Aprile, e raccoglie migliaia di visitatori. In quell’occasione, vengono esposte senza alcuna limitazione immagini 3D dei genitali maschili. Anche Minori Watanabe si è detta dello stesso avviso; la scrittrice arrestata insieme a Megumi ha infatti spiegato che: “Il Giappone è ancora una società nella quale chi cerca di esprimere la sessualità femminile, viene perseguitato, mentre lo sfoggio della sessualità maschile viene eccessivamente tollerato”.