Si chiamava Silvia Renda Amy “Dolly” Everett si è tolta la vita a soli 14 anni dopo essere stata perseguitata in rete, dopo che dei vigliacchi assassini, dietro una tastiera, l’hanno distrutta: l’ennesima vittima di bullismo in rete. A 8 anni era diventata il volto di una famosa marca di cappelli australiani, la Akura, dove incarnava la sublime immagine della ragazzina aussie cresciuta in una fattoria felice, assieme ai cavalli, immersa nella natura.
Si è suicidata il 3 gennaio, nei giorni successivi il padre di Dolly, Tick Everett, tramite un lungo e doloroso post su Facebook, ha lanciato un messaggio preciso, potente: ha invitato i delinquenti che seviziavano online la figlia ad andare ai suoi funerali.
“Se per caso le persone che pensavano fosse uno scherzo e si sentivano superiori con il loro costante bullismo e le molestie nei suoi confronti vedono questo post, mi rivolgo a loro: venite ai funerali per assistere alla devastazione assoluta che avete creato”. Ha poi rivolto un accorato appello chiedendo che i bulli vengano fermati, ovunque siano, soprattutto se sono tra i nostri figli. “Se possiamo evitare che altre vite preziose vengano perdute, la sofferenza di altri, la vita di Dolly non andrà sprecata”.
La famiglia creerà una fondazione chiamata “Dolly’s Dream” atta a fare informazione e prevenzione su bullismo, ansia, depressione e suicidi adolescenziali.
Il padre ha ricordato la figlia dicendo che era una ragazza splendida che si prendeva cura degli animali, dei bambini piccoli e dei bambini in collegio. Ha sottolineato che è cosciente di come il suicidio sia considerato da codardi ma garantisce che quelle persone non hanno la metà della forza che aveva il suo prezioso angioletto, perchè Doll, ha affermato, aveva la forza di fare ciò che pensava di dover fare per sfuggire al male presente nel mondo. Solidarietà alla famiglia è arrivata anche dall’azienda per cui era stata testimonial, Akubra.