La Sierra Leone è uno dei Paesi più poveri al mondo, anche se può contare su alcune delle miniere più importanti del continente africano, le quali rendono ricchi solo multinazionali e grandi proprietari di giacimenti preziosi, lasciando povera gran parte della popolazione, costretta a vivere in capanne.
Questa misera popolazione, sempre ai limiti della povertà, può contare su pochissime risorse monetarie, e vivere nelle capanne appare l’unica possibilità. La Sierra Leone è spesso colpita da grandi piogge e da alluvioni, ed a queste la popolazione è molto abituata, ma non a quanto è accaduto un paio di giorni fa, mettendo in ginocchio una vasta area tra le più popolate del Paese.
Il territorio della Sierra Leone, nei pressi della capitale Freetown, è conformato geologicamente da pianure e dolci colline. Per questo, l’evento che ha portato la distruzione nei pressi di Regent, un villaggio a quindici chilometri ad est di Freetown, è stato inatteso. La collina Sugar Loaf, letteralmente “Pan di zucchero”, è collassata su se stessa, riversando tra le acque impetuose dovute alle forti piogge decine di migliaia di metri cubi di fango, che hanno letteralmente sommerso il villaggio fatto di capanne.
Vittima di questo disatro naturale è stata la fascia più povera della popolazione: si contano oltre trecento morti, ma le stime sono destinate a salire. In un Paese che non soffre di siccità, come invece accade in buona parte del resto dell’Africa del Nord, si sono però affiancati tanti disastri, come le alluvioni ed il virus Ebola, che ha portato via quattromila anime.
La Sierra Leone deve partire da zero, e costruire una nuova politica di cura del territorio, nella quale i governanti sono stati molto lacunosi. Il vicepresidente della Sierra Leone ha dichiarato che, dopo aver sconfitto la minaccia dell’Ebola, si risorgerà anche questa volta. Tra disastri ed una lunga guerra civile, la Sierra Leone cerca – sempre con precarietà – di rimanere in piedi.