7 giovani migranti trovati morti in un container: sognavano un futuro migliore in Italia

In Paraguay, all'interno di un container, sono stati trovati i cadaveri di 7 ragazzi nordafricani. Il loro viaggio alla ricerca di un futuro migliore in Italia si sarebbe infranto già pochi giorni dopo dalla loro partenza.

7 giovani migranti trovati morti in un container: sognavano un futuro migliore in Italia

Ancora una notizia che ci lascia senza parole per la sua drammaticità. Ci giunge dal Paraguay dove, nascosti in un container, sono stati trovati i corpi senza vita di 7 poveri ragazzi nordafricani, forse morti di stenti già pochi giorni dopo la loro partenza, nonostante il viaggio durato 4 mesi, e per soffocamento, in quanto racchiusi in un minuscolo spazio tra il carico di fertilizzanti e il tetto del container.

Il loro sogno, ormai infranto? Raggiungere Milano, alla ricerca di un futuro migliore. Ma il container dento cui i 7 ragazzi si sono nascosti lo scorso luglio, nello scalo ferroviario della città serba di Sid, non si è mai diretto verso il capoluogo lombardo ma verso Rijeka, dove il carico è stato trasferito su una nave e da lì ha percorso un lungo tragitto, attraversando l’Oceano Atlantico, per poi attraccare in Argentina.Dal porto argentino è stato trasportato ad Asunciòn, la capitale del Paraguay ed è lì che sono stati rinvenuti i corpi senza vita delle povere vittime.

Le immagini dei 7 ragazzi, diffuse in rete dalle Forze dell’Ordine, sono state riconosciute da Smail Maouch, un algerino che ha vissuto con loro in un campo profughi a Sid, che ha dichiarato: “Eravamo come fratelli”.

Secondo quanto riportato da autorevoli fonti, le giovani vittime, ridotte “pelle e ossa”, avevano con sé provviste come biscotti, acqua in bottiglia e cibi in scatola, poi non rivelatesi sufficienti. La Polizia , sulla scena, ha anche ritrovato sacchi di vestiti e cellulari.

L’identità dei 7 migranti deceduti

Grazie alle carte d’identità trovate sui cadaveri, è stato possibile risalire all’identità dei 7: gli algerini Zugar Hamza e Sidahmed Ouherher; i marocchini Ahmed Belmiloudi, Said Rachir, Rachid Sanhaji e Mohamed Hadoun, l’egiziano Yessa Aymen. L’algerino Smail Maouch, afferma di aver trascorso più di 1 anno nel campo con alcuni di questi ragazzi deceduti. Sugar Hamza lo aveva contattato telefonicamente a luglio per chiedergli di fare con lui un viaggio di 900 KM a Milano.

A quel tempo Maouch era in Bosnia, dopo non aver attraversato il confine croato. Toccanti le sue parole: “Quando sono stati via per giorni, sapevo che non sarebbero arrivati in Italia. Ero sicuro che fossero morti”. Quotidianamente migliaia di persone, provenienti principalmente dall’Asia Meridionale, Medio Oriente e Nord Africa, tentano di attraversare i Balcani per raggiungere l’Ue; un viaggio durissimo, tra montagne e foreste, che può richiedere mesi, caratterizzato da violenze brutali e respingimenti illegali perpetrate dalla polizia di frontiera in Serbia, Bosnia e Croazia.

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