Sigarette: come il Papa, anche lo Stato italiano dovrebbe vietarle

Il modello Bergoglio troppo lontano dalla realtà italiana. L'interesse per gli incassi dal tabacco non è indifferente. Si spera che almeno gli introiti vengano utilizzati per la salute pubblica.

Sigarette: come il Papa, anche lo Stato italiano dovrebbe vietarle

Nessun profitto può essere legittimo se mette a rischio la vita delle persone” – con queste parole Papa Francesco nei giorni scorsi ha dato chiara spiegazione al divieto di vendita di sigarette in Vaticano a partire dal prossimo gennaio. La decisione del Papa dovrebbe far riflettere un po’ tutti.

Il Monopolio dovrebbe sentirsi chiamato in causa per primo, poiché dal tabacco – lasciando al cittadino la scelta di “farsi del male” – ricava quasi 14 miliardi di euro ogni anno. Le accise costituiscono quasi il 60% del prezzo di vendita al pacchetto, a cui poi si aggiunge l’Iva.

Visti gli incassi si fa fatica a credere che lo Stato italiano prenderà ad esempio la decisione di Papa Bergoglio. Una proposta o decisione di riserva potrebbe riguardare il ricavato delle accise: perché non utilizzarlo a favore della salute, nella ricerca, nella prevenzione e nella cura delle malattie derivanti dal fumo come tumori, malattie cardiovascolari, respiratorie, ecc.?

L’aumento del prezzo al pacchetto potrebbe in qualche modo sostituire il divieto a fumare, soprattutto tra i più giovani, che di solito non hanno grosse possibilità, aiutandoli così ad evitare che in loro si sviluppi la dipendenza da fumo. Sono molti i Paesi europei che hanno adottato il sistema del prezzo elevato per ogni pacchetto di sigarette: in Inghilterra, per fare un esempio, costa il doppio che in Italia.

Proprio in questi giorni verrà discusso un emendamento alla legge di Bilancio, su proposta della commissione Sanità: si vorrebbe aumentare le accise per finanziare i nuovi farmaci oncologici e altre cure palliative e pediatriche.

L’idea è buona, anche se non è nuova visto che da anni il Governo è invitato ad adottare una politica diversa sul prezzo dei tabacchi e non solo – anche per la vendita di alcolici e per tutta la serie di giochi e scommesse – una gestione che non sia basata soltanto su freddi criteri che tengano conto del gettito fiscale, ma sia capace anche di considerare la salute pubblica.

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