Riforma pensioni 2019, ecco le opzioni per uscire dal lavoro prima dei 67 anni di età

La controriforma della legge Fornero si unisce alle altre opzioni di flessibilità già presenti nel sistema, ma nella maggior parte dei casi resta il vincolo di dover maturare un’elevata anzianità contributiva per poter dire addio al proprio impiego.

Riforma pensioni 2019, ecco le opzioni per uscire dal lavoro prima dei 67 anni di età

Gli ultimi interventi del legislatore tornano ad aprire il capitolo della flessibilità previdenziale, un tema che è risultato quanto mai attuale sin dal lontano 2011, quando il Governo Monti – Fornero ha approvato una riforma lacrime e sangue che finora è stata forse scalfita, ma certamente non annullata o superata. Mentre si attende che le ultime misure decise dal nuovo esecutivo giallo – verde siano finalmente pubblicate in Gazzetta Ufficiale, è arrivato però il momento di cominciare a fare i conti rispetto al nuovo quadro della situazione per chi sta pensando di uscire dal lavoro con un po’ di anticipo.

Nella fattispecie, i parametri generali da tenere in considerazione sono quelli relativi alla pensione di vecchiaia, considerato come lo scoglio più difficile da raggiungere e con il quale si matura in ogni caso l’agognato diritto alla quiescenza. Dal 2019 i criteri che caratterizzano questo istituto sono stati innalzati per l’adeguamento all’aspettativa di vita, pertanto i lavoratori saranno chiamati a raggiungere almeno i 67 anni di età ed i 20 di contribuzione se desiderano poter ottenere il pensionamento in via ordinaria.

Pensioni 2019, come anticipare l’uscita dal lavoro

Per chi desiderasse ottenere l’accesso all’Inps prima dei requisiti di vecchiaia si pone il problema di maturare l’uscita con una delle opzioni rese disponibili in deroga ai criteri appena evidenziati. La più nota è la pensione anticipata della legge Fornero, pensata in particolar modo per favorire i lavoratori precoci e coloro che hanno iniziato la propria attività lavorativa in giovane età. Il meccanismo esclude la necessità di dover raggiungere un criterio anagrafico, ma richiede la maturazione di almeno 42 anni e 10 mesi di versamenti per gli uomini, mentre alle donne basteranno 41 anni e 10 mesi.

Una via di mezzo per chi non riuscisse a conseguire questi requisiti è garantita dalla quota 100, che permette il pensionamento a partire dai 62 anni di età, purché si abbiano maturato almeno 38 anni di versamenti. In questo caso il vincolo riguarda l’impossibilità di cumulare l’assegno con ulteriore reddito da lavoro dipendente o autonomo, mentre la percezione dell’assegno è regolata da una finestra trimestrale nel privato e semestrale nel pubblico.

La proroga dell’APE sociale e dell’opzione donna consentono infine l’uscita con un requisito contributivo ancora più basso. In particolare, per l’anticipo sociale servono 63 anni e 30-36 anni di contribuzione (in base alla specifica situazione di disagio vissuta dal lavoratore), purché si rientri tra le categorie poste sotto tutela dal legislatore. Mentre per la pensione anticipata tramite opzione donna è necessario aver maturato almeno 58 anni (un anno in più se si possiedono contributi come lavoratrici autonome) e 35 anni di versamenti. In quest’ultimo caso bisognerà però accettare il ricalcolo contributivo dell’assegno ed una finestra mobile di 12 mesi (che sale fino a 18 mesi per le autonome).

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