Dagli ultimi dati rilevati dall’Istat, la disoccupazione è salita al tasso vertiginoso del 13 %, toccando la punta più alta degli ultimi 37 anni e non accenna a scendere attestandosi al 3,6 % su base annua. I giovani senza un lavoro sono pari al 42,3% della popolazione, e la soglia dei disoccupati sembra crescere ogni giorno, a causa anche della chiusura di aziende e imprese che hanno chiuso i battenti. Il premier Renzi afferma che i dati sono sconvolgenti e occorre provvedere a fare delle riforme utili al problema.
I piccoli segnali di ripresa sono poca cosa di fronte alle necessità del paese, insofferente da nord a sud, e anche il tasso degli occupati non accenna nessun incremento, tranne qualche eccezione per alcune categorie sociali. L’incremento dei posti di lavoro nel nostro paese è stato addirittura inferiore a quello di Cipro e Grecia, con un tasso di occupati rilevati a febbraio del 55,2 %, il tasso più basso dal 2000. Dati molto significativi, che confermano la necessità del premier e del nuovo governo a correre subito ai ripari, per evitare una situazione ancora più tragica.
Si calcola che a perdere il lavoro siano state oltre 365 mila persone ogni anno, che vuol dire mille persone disoccupate in più al giorno, senza contare gli inattivi, ovvero coloro che non lavorano ma che nemmeno vanno in cerca di un’occupazione, e che sono un numero impressionante, oltre 14 milioni e 363 mila. Cresce invece il numero dei giovani under 25 in cerca di un lavoro, e secondo l’Istat sono circa 678 mila, che corrisponde quasi al doppio della percentuale dei paesi dell’Eurozona, rispettivamente il 42,3% contro il 23,6%.
In sostanza siamo quasi il fanalino di coda dell’Europa, perché la nazione ad avere una situazione più brutta della nostra è solo la Spagna, dove la crisi e la disoccupazione sono tuttora ai massimi livelli. I dati sono davvero molto preoccupanti; Renzi sembra deciso ad attuare le riforme necessarie per dare un nuovo input al paese e cercare nuove risorse per creare opportunità di lavoro non solo ai tanti giovani, che sperano di mettere a frutto anni di studio, ma anche ai numerosi precari che guardano al futuro senza certezze e basi concrete.