Pensioni, verso la fine delle uscite anticipate con quota 100: si rischia il ritorno alla legge Fornero

Sulle pensioni anticipate si registra la conferma dello stop alla quota 100 al prossimo 31 dicembre 2021. Possibili nuove misure di flessibilità per chi vive condizioni di disagio, ma molti rischiano di tornare alla legge Fornero.

Pensioni, verso la fine delle uscite anticipate con quota 100: si rischia il ritorno alla legge Fornero

Le pensioni anticipate vedono arrivare la conferma dello stop alla quota 100 entro il termine dell’anno. Uno scenario che appariva già delineato, visto che negli scorsi mesi il governo Draghi aveva espresso l’intenzione di non prorogare ulteriormente il meccanismo di prepensionamento. Ma ciò che desta preoccupazione ora è la mancanza di misure alternative, in grado di calmierare almeno parzialmente la mancanza di flessibilità previdenziale.

L’esecutivo ha specificato all’interno del PNRR la volontà di porre fine in via definitiva alla quota 100, in vigore dal 1° gennaio 2019 come opzione sperimentale. La misura consente l’uscita dal lavoro a partire dai 62 anni di età e con almeno 38 anni di versamenti. Il tutto senza l’applicazione di penalizzazioni, fatto eccezione per il divieto di proseguire nell’attività lavorativa.

Senza la quota 100 per molti lavoratori si tornerà semplicemente a fare i conti con la legge Fornero, approvata dal governo Monti nell’ormai lontano 2011. Per ottenere l’accesso all’Inps sarà quindi necessario maturare almeno 67 anni di età con 20 anni di versamenti. In alternativa, la pensione anticipata sarà accessibile a partire dai 42 anni e 10 mesi di versamenti (un anno in meno per le donne).

Riforma pensioni, dal 2022 la nuova flessibilità sarà destinata a chi vive situazioni di disagio

Tenendo presente il quadro della situazione appena evidenziato, a partire dal 1° gennaio 2022 misure alternative di flessibilità previdenziale saranno disponibili solo per coloro che vivono particolari situazioni di disagio. Si pensi all’attuale quota 41 per i lavoratori precoci, oppure alla possibile proroga dell’Ape sociale e dell’opzione donna. Opzioni utili, ma non certo sufficienti a garantire la necessaria flessibilità in uscita dal lavoro.

I sindacati chiedono da tempo una misura di flessibilità generale di pensionamento a partire dai 62 anni di età, ma la posizione del governo sembra ora allontanarsi da questa richiesta. Resta implicito che se si dovesse tagliare in modo netto la quota 100, senza proporre misure almeno parzialmente sostitutive, potrebbe verificarsi il rischio di nuovi “esodati”. Per i lavoratori che non riusciranno a maturare i requisiti entro il prossimo 31 dicembre, saranno infatti necessari fino a 5 anni aggiuntivi di lavoro al fine di ottenere l’agognata pensione.

Continua a leggere su Fidelity News