Pensioni, un mese in meno vale 600 milioni di euro

L'ultimo tentativo di trattativa sull'aspettativa di vita fra governo e sindacati è la proposta di Cgil, Cisl e Uil, di aumentare l'età pensionabile a tutti di 4 mesi, anziché 5 come proposto, e di congelare le categorie che beneficerebbero del blocco.

Pensioni, un mese in meno vale 600 milioni di euro

In pensione, non a 67 anni come previsto dalla Legge Fornero, ma dal primo gennaio 2019, a 66 anni e 11 mesi. La richiesta dei sindacali, apparentemente irrilevante, un mese, in realtà verrebbe a costare circa 600 milioni di euro. Domani, 13 novembre, è fissato l’incontro con il premier Paolo Gentiloni per analizzare i possibili margini di manovra circa l’automatismo delle pensioni.

I sindacati, Cgil, Cisl e Uil, chiedono inoltre che venga rivalutata l’aspettativa di vita affidandola ad una commissione scientifica, che tenga conto della banca dati di Ministero del Lavoro, dell’Inail, dell’Inps e, se possibile, del Ministero della Salute, richiesto anche da Tito Boeri, ora alla guida dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS).

Un mese in meno significa 600 milioni di euro su cui il Ministero dell’Economia fa conto, ma ciò che pesa di più è l’immagine di sé che l’Italia darebbe intaccando la Legge Fornero. Unione Europea e investitori farebbero affidamento proprio su questa legge per dar credito all’Italia.

È passata quasi inosservata l’Ape sociale: l’esito del riesame delle 44 mila domande in precedenza respinte da parte dell’Inps ha portato ad accoglierne appena 3 mila, e ciò avrebbe dovuto invece destare qualche domanda. I sindacati, che stanno tenendo sotto osservazione la macchina dell’Ape sociale, hanno chiesto un confronto con il ministero del Lavoro e il presidente dell’Inps. Nell’incontro di fine ottobre, le due parti si erano impegnate a riesaminare il più possibile i casi delle domande respinte. Uno dei punti interrogativi che più spinge per avere una risposta riguarda le domande respinte perché giunte qualche giorno dopo la data stabilita, il 15 luglio.

Dopo l’incontro di domani dei sindacati con il capo del governo, si spera vengano chiarite le domande respinte di Ape social e la proposta “quota 41”, riguardante coloro che hanno iniziato a lavorare prima della maggiore età, e perciò atti a conseguire la pensione con il requisito di 41 anni di contributi.

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