Pensioni, per Tridico serve flessibilità: no quota 41, l’ipotesi dei due assegni a 63 e 67 anni

Il presidente Inps Pasquale Tridico torna a parlare di riforma delle pensioni: riemerge la proposta del doppio assegno per il post quota 100, ecco cosa prevede lo scenario delineato dall’economista.

Pensioni, per Tridico serve flessibilità: no quota 41, l’ipotesi dei due assegni a 63 e 67 anni

A pochi giorni dall’ultimo incontro sulle pensioni tra governo e sindacati il presidente dell’Inps Pasquale Tridico torna a intervenire nel dibattito, spiegando innanzitutto che la sperimentazione della quota 100 risulterà utile per delineare il settore nei prossimi anni. L’economista ricorda inoltre che all’interno dell’attuale sistema previdenziale sono già presenti diversi meccanismi di anticipo, sui quali è possibile lavorare per un’estensione.

Ma dall’ente pubblico di previdenza si pone anche un primo altolà alle congetture avanzate dalle parti sociali, ad esempio sulla richiesta di estensione della quota 41 a tutti i lavoratori. “In realtà questa è una forma di rigidità, come del resto lo era la quota 100” spiega Tridico. Questo perché l’opzione rappresenta una forma d’iniquità, ad esempio nei confronti delle donne oppure di chi ha avuto una carriera discontinua. Oltre a ciò, rappresenterebbe un carico importante per le casse pubbliche.

Riforma pensioni 2022, per l’Inps serve rafforzare l’APE sociale e avviare un doppio assegno basato sul misto e sul contributivo

Quali sono allora le possibili soluzioni per intervenire sul comparto delle pensioni garantendo flessibilità e allo stesso tempo i conti pubblici? Tridico risponde facendo riferimento innanzitutto alla possibile estensione di opzioni sperimentali come l’APE sociale. Quest’ultima permette ai lavoratori che vivono situazioni di disagio di ottenere il prepensionamento a partire dai 63 anni di età, con 30 o 36 anni di versamenti in base al caso specifico.

In alternativa l’economista suggerisce di avviare un doppio canale di accesso alla pensione. Il primo assegno, legato ai versamenti effettuati secondo il calcolo contributivo, potrebbe essere erogato a partire dai 63 anni. Mentre la restante quota misto retributiva verrebbe pagata in base ai criteri ordinari di accesso alla pensione di vecchiaia, attualmente fissati a 67 anni di età.

In questo modo, l’impatto sui conti pubblici potrebbe apparire calmierato, pur garantendo maggiore apertura al sistema previdenziale. Nonostante i costi, si potrebbe così consentire a moltissimi lavoratori di accedere alla pensione anticipata o comunque di ridurre il carico di lavoro fino al raggiungimento dei requisiti ordinari di accesso all’Inps. 

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