Secondo le ultime stime Istat basate sui dati della Ragioneria Generale dello Stato, il panorama previdenziale italiano subirà cambiamenti significativi nei prossimi decenni. La pensione di vecchiaia, attualmente fissata a 67 anni, vedrà il requisito anagrafico salire progressivamente fino a 68 anni e 11 mesi entro il 2050 per entrambi i sessi, per poi raggiungere quota 70 anni entro il 2067.
Questo scenario riflette non solo l’aumento dell’aspettativa di vita, ma anche le necessità di sostenibilità del sistema previdenziale di fronte a una popolazione sempre più anziana. Il focus dell’Istat sulle previsioni della forza lavoro evidenzia come la partecipazione al mercato del lavoro delle persone mature e anziane sia destinata a crescere significativamente.
Tra il 2024 e il 2050, il tasso di attività nella fascia di età 55-64 anni dovrebbe passare dal 61% al 70%, indicando che un numero sempre maggiore di lavoratori continuerà a contribuire economicamente ben oltre l’attuale età pensionabile. Ancora più interessante è la proiezione per gli individui tra i 65 e i 74 anni: il tasso di attività in questa fascia potrebbe salire dall’11% nel 2024 al 16% nel 2050, segnalando una trasformazione culturale e pratica nell’idea di lavoro in età avanzata.
L’aumento della partecipazione al lavoro non riguarda solo gli uomini. Secondo le stime, nel 2050 il tasso di attività esteso alla classe 15-74 anni raggiungerebbe il 62% complessivo, rispetto al 58% del 2024. Per le donne, in particolare, si prevede una crescita più marcata: dal 49,4% del 2024 al 55% nel 2050, con un incremento di 5,6 punti percentuali. Gli uomini, pur con un aumento più contenuto di 1,8 punti, arriverebbero al 68,3%.
Questi dati indicano un progressivo riequilibrio tra generi nella partecipazione lavorativa e la crescente integrazione delle donne nel mercato del lavoro, anche in età avanzata. Il quadro generale sottolinea come l’Italia dovrà affrontare una trasformazione strutturale della forza lavoro, con un numero maggiore di lavoratori anziani che rimangono attivi più a lungo. Ciò avrà implicazioni significative non solo per il sistema previdenziale, ma anche per le politiche di salute, sicurezza sul lavoro e formazione continua. L’adattamento delle condizioni lavorative alle esigenze di chi rimane in attività fino a 69-70 anni sarà cruciale per garantire produttività e benessere.