Pensioni: ecco perché in Italia i giovani e i loro genitori dovranno lavorare più a lungo

Così come i loro genitori, anche i giovani sono destinati a lavorare più a lungo prima di poter andare in pensione. Lo sottolinea l’OCSE, spiegando gli effetti della Riforma Fornero ed evidenziando che sarà necessario lavorare fino a oltre 71 anni.

Pensioni: ecco perché in Italia i giovani e i loro genitori dovranno lavorare più a lungo

Per i giovani di oggi la prospettiva di andare in pensione sempre più tardi si fa sempre più concreta. A sottolinearlo è l’OCSE, spiegando che le nuove generazioni dovranno affrontare una doppia sfida: da un lato vedranno crescere l’età di accesso alla quiescenza. Dall’altro dovranno lavorare più a lungo per assicurarsi livelli di sussistenza (e quindi assegni pensionistici) adeguati rispetto al reddito prodotto durante la fase lavorativa. Un destino che almeno in parte è condiviso con i propri genitori, che negli ultimi decenni hanno visto irrigidirsi sempre più i requisiti di accesso all’Inps.

È quanto emerge dall’analisi dei tecnici internazionali, i quali prospettano un vero e proprio cambiamento radicale rispetto al sistema passato ed in particolare a quanto avveniva con il calcolo retributivo degli assegni. Un meccanismo che legava l’entità della pensione alle retribuzioni percepite e non al montante effettivamente accumulato, come invece avviene con il calcolo contributivo puro.

In Italia l’età della pensione ordinaria è già superiore ai 67 anni di età

All’interno del quadro appena descritto, bisogna anche considerare che già oggi l’età di accesso alla pensione di vecchiaia in Italia risulta elevata, attestandosi a 67,4 anni. Si tratta del parametro più elevato in tutta l’area OCSE, dove la media si ferma invece attorno ai 64,2 anni di età. Ma per i giovani e per coloro che risultano inseriti nel sistema contributivo puro (ad esempio i nati attorno agli anni ‘90), tale livello continuerà inesorabilmente a salire.

L’adeguamento all’aspettativa di vita concorre infatti ad aumentare il vincolo anagrafico d’ingresso alla quiescenza, abbassando contemporaneamente i coefficienti di conversione in rendita. Essere consapevoli di questo meccanismo significa rendersi conto che nei prossimi anni l’età di accesso alla pensione potrebbe superare i 70-71 anni di età (a fronte di una media Ocse stimata a 65,8 anni).

È l’effetto delle riforme restrittive che si sono susseguite negli anni per mantenere la sostenibilità del sistema, con l’ormai nota Riforma Fornero a completamento del quadro. In questo senso, il dato sull’età di accesso alla pensione per i giovani fa certamente riflettere se si pensa che i nati negli anni ‘40 i lavoratori potevano ottenere l’agognata quiescenza già attorno ai 57 anni, con una differenza di circa 14 anni rispetto ai giovani di oggi. 

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