Le pensioni anticipate potrebbero cambiare notevolmente a partire dal prossimo anno. Sul comparto pesa da un lato il tris di opzioni sperimentali che necessitano di un ulteriore rinnovo per poter continuare a funzionare anche nel corso del 2022. Dall’altro lato emerge da tempo la necessità di una profonda rivisitazione del sistema e di agire in tal senso mantenendo sostenibili i conti pubblici nel lungo termine.
Il rebus riguardante il comparto previdenziale si spiega con questi presupposti, ma anche sottolineando che la legge Fornero ha imposto delle alternative rigide per i criteri ordinari di accesso alla pensione. L’età minima per la pensione di vecchiaia è infatti fissata a 67 anni di età (con 20 anni di contribuzione), mentre quella anticipata richiede almeno 42 anni e 10 mesi di versamenti (un anno in meno per le donne).
D’altra parte, i lavoratori chiedono da anni maggiore flessibilità in uscita, soprattutto per chi vive situazioni di disagio in età avanzata. Con l’avvento della pandemia dettata dal coronavirus, la questione è divenuta ancora più urgente. Basti pensare a molte professioni caratterizzate da un elevato rischio sanitario e che tutt’ora non sono riconosciute come passibili di sgravi rispetto alle regole generali di accesso all’Inps.
Pensioni anticipate, i dubbi sulla prossima riforma: riuscirà ad essere definitiva?
Visto il quadro appena delineato, appare chiaro che la previdenza avrebbe bisogno di una riforma definitiva e pensata per superare davvero le regole della legge Fornero. L’ipotesi di produrre ulteriori proroghe della quota 100 e delle altre opzioni sperimentali (Ape sociale e Opzione donna) potrebbe offrire più tempo, ma rischia al contempo di scontentare tutti e di far perdurare la situazione d’incertezza.
Al momento il nuovo governo Draghi non ha ancora avanzato congetture di riforma del settore, pertanto è difficile capire quale sarà l’indirizzo politico e d’azione da portare avanti nei prossimi mesi. I sindacati chiedono da anni di aprire le porte dell’Inps per tutti a partire dai 62 anni di età o con almeno 41 anni di versamenti.
Ma le soluzioni emerse negli scorsi mesi hanno puntato soprattutto alla quota 102, con un innalzamento del requisito anagrafico a 64 anni. Resta il fatto che vista la scadenza della quota 100 e delle altre opzioni sperimentali al prossimo mese di dicembre 2021, entro breve tempo l’esecutivo Draghi dovrà rivelare qual è la propria strategia in merito all’avvio della flessibilità previdenziale.